Gregorelli: una persona d'altri tempi
Avrebbe voluto rimanere ancora il tempo necessario per spiegare, di nuovo a chi con lui aveva condiviso gli anni del trapasso dal modello democristiano a quello solo antidemocristiano (in quegli anni, non importava chi si annunciava e con quali prospettive, ma chi se ne andava portandosi appresso tutto il vecchiume accumulato) e ai nuovi l’importanza e l’insostituibilità della politica buona, di servizio e non di semplice rendita. Invece, sabato scorso, 24 febbraio, Aldo Gregorelli, un valtrumplino cresciuto a pane e oratorio e perciò convinto dell’insostituibile ruolo dei cattolici nella società, uno che sognava di fare il sociologo (“ma solo per non morire di noia vestendo i panni del ragioniere” diceva scherzando) e che si ritrovò prima a fare il sindacalista e poi il politico, complici gli anni e gli acciacchi s’è avviato verso la porzione di cielo riservata a chi ha combattuto la buona battaglia cercando il bene e le ragioni con cui edificare la nuova città dell’uomo.
Giovane democristiano, a 21 anni Aldo entrò nel consiglio comunale di Villa Carcina e pochi anni dopo venne eletto Sindaco. Forse perché in tanti gli riconoscevano la capacità di semplificare anziché complicare, si ritrovò a fare il sindacalista nella CISL, all’inizio al fianco di Franco Castrezzati, poi accettando il ruolo di Segretario Generale. Era, si diceva allora, un politico prestato al sindacato. In effetti, al fianco di Mino Martinazzoli, nel 1987 Aldo Gregorelli abbracciò la politica a tempo pieno: deputato per due legislature e per finire senatore della Repubblica “di servizio e di proposta - sottolineava - cercando di dare valore alle ragioni della buona politica”. Erano tempi in cui la politica, intesa come servizio ed elaborazione di speranze per il buon futuro dei cittadini, era stata posta in soffitta per far posto ad un movimentismo tanto povero di idee quanto ricco di slogan e di promesse e Aldo Gregorelli, da buon sociologo con trascorsi sindacal-politici, auspicava dialogo e confronto come “redenzione dal vuoto che avanzava” e mezzo per rimettere al centro della politica i valori cristiani e sociali.
Da perfetto illuso, spesso portandosi appresso l’ironia buona, fatta di sorrisi e di sottili momenti di sferzante verismo, sosteneva che non esisteva partito “senza gente disposta a sacrificarsi sempre e soltanto per il bene comune”, metteva in guardia contro chi immaginava “di aver preso in appalto il futuro” senza neppure degnarsi di concedere giusto commiato al presente, immaginava possibile coniugare cristianesimo e democrazia anche quando come allora, avanzavano venti annuncianti tempesta. Così Aldo, nel suo piccolo, “sicuro di contare assai poco e di essere l’ultimo dei cristiani autorizzato a dare lezioni, però disposto a giocare un soldo sulla propria identità di cattolico convinto della bontà del "fare politica" al fine di servire e costruire un mondo migliore. Intento a passare gli ultimi anni e giorni fra una risata e una lacrima, adesso Aldo riposa nella pace e vede, oltre le stelle del mattino, cieli e terre nuovi.