Grazie professor Carmina!
La sua storia è stata citata anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio di fine anno. Si tratta della lettera scritta ai suoi studenti da un professore. Un professore di storia e filosofia, insegnante in un liceo siciliano, che ha smesso di entrare in classe nel 2018 e in quella occasione ha scritto ai suoi studenti. La lettera è diventata di attualità perché questo professore, Pietro Carmina, è una delle vittime della tragedia avvenuta a Ravanusa, con lo scoppio di una conduttura di gas.
È una lettera commovente quella di Pietro, nella quale ripercorre i suoi 43 anni di insegnamento: “Di parecchi rammento tutto – scrive – anche i sorrisi, le battute, i gesti di disappunto, il modo di giustificarsi, di confidarsi, di comunicare gioie e dolori, di altri, molti in verità, solo il viso o il nome. Con alcuni persistono, vivi, rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto, ahimè, quelli con tantissimi altri”. Con loro, con tutti questi giovani, Pietro Carmina continua a dialogare. A loro confida di “aver dato tutto quello che ho potuto, ma credo anche di avere ricevuto di più, molto di più”. E poi avvia un’ultima lezione: “Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita; una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si conquista”.
Queste parole riassumono il significato profondo del “mestiere” dell’insegnante. Trasmettere conoscenze, certo, ma attraverso queste preparare alla vita, promuovere responsabilità, desiderio di protagonismo. “Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non ‘adattatevi’, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente”. E come suonano familiari, a tanti insegnanti e genitori di adolescenti queste altre parole: “Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare, non state tutto il santo giorno incollati a cazzeggiare con l’iPhone. Leggete, invece, viaggiate, siate curiosi”. Come è difficile e insieme appassionante educare. Come è spesso frustrante e doloroso rendersi conto di non poter trascinare nessuno per mano verso le mete, anche le più belle, che si intravedono. Perché non si può camminare al posto degli altri. Si può preparare loro la strada, ma soprattutto bisogna fornire l’attrezzatura adeguata e poi lasciarli andare.