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di ROBERTO ROSSINI 23 feb 2023 17:11

Governare il vuoto

C’era una famosa gag di Francesco Nuti dove il comico discute se chi tace acconsente o se chi tace sta zitto. Delle recenti elezioni regionali potremmo semplicemente dire che la maggioranza degli elettori tace e quindi acconsente. Votano meno della metà degli elettori. Visto che Attilio Fontana prende la metà dei voti validi, allora questo significa che il presidente della Regione più importante d’Italia è stato preferenziato solamente da un cittadino ogni cinque. Pochino. Gli altri quattro cittadini votano altri candidati o non votano affatto.

La democrazia è voto ma anche “non voto”, si dirà: vero, perché la libertà si esprime anche senza esprimersi. Però qualche dubbio sorge. Verrebbe da chiedersi chi rappresenta chi. Viene alla mente un famoso libro, scritto dal grande politologo Peter Mair, dove si dimostrava che con la caduta dei grandi partiti di massa si rischiava di diventare una democrazia senza elettori: governare il vuoto. Dal voto al vuoto. I partiti di massa sono sostituiti da soggetti leggeri e passeggeri, utili solo per vincere qualche competizione elettorale. I partiti come logo, marchio, prodotto a servizio di qualche leader circondato da un cerchio magico. Agli effetti, quanti partiti nel loro logo mettono il nome del leader? Tanti.

I partiti di massa crollano in due modi: non coinvolgono più i cittadini (vedi il numero degli iscritti) e perdono la capacità di rappresentare gli interessi del popolo. Funzionano se invece riescono a rappresentare gli umori. Dalla rappresentanza alla rappresentazione. Ma bisogna essere bravi a saperlo fare. Il sabato il festival di Sanremo fa il pieno di ascolti (con finte provocazioni associate a retorici “buonismi”, ecco gli umori), il giorno dopo le elezioni regionali fanno il vuoto. È così che i leader preferiscono l’impegno nelle istituzioni piuttosto che a quello nei partiti. Il vuoto è inseguire il consenso a tutti i costi, perdendo di vista la “capacità pedagogica” di formare il popolo. È come se a un genitore chiedessimo non tanto di educare, ma di cercare di ottenere l’affetto e la simpatia del figlio. A seconda di cosa il genitore sceglierà come priorità, cambierà anche il modo di essere del figlio. I partiti non sono i “padri” della repubblica, però hanno delle responsabilità pubbliche. La prima è educare alla partecipazione, al dibattito (anche al conflitto, purché) serio, competente e rispettoso, alle scelte difficili. Alcune scelte, più difficili e impopolari, sono necessarie al bene comune, alla crescita. E sconfiggono il vuoto.

ROBERTO ROSSINI 23 feb 2023 17:11