Giovani e lavoro contro la povertà
Sei appena entrato nel mercato del lavoro? Allora spera che il mercato italiano sia in fase espansiva, perché altrimenti tu sarai condannato per i prossimi 15 anni a guadagnare meno di chi è entrato in una fase espansiva. Ma davvero? Pare di sì. Un report (2021), che nasce dalla collaborazione tra Università cattolica e Assolombarda in merito alle professioni del futuro in Lombardia, cita uno studio condotto da Schwandt e von Wachter (2019) dove emerge che se i giovani che entrano nel mercato del lavoro durante una fase di crisi, allora soffriranno una penalità salariale rispetto a chi entra nel mercato del lavoro in fasi espansive: è una penalità piuttosto persistente, di circa 15 anni, e riguarderà sia le figure altamente qualificate sia le figure con qualifiche più basse. Ovviamente chi ha qualifiche più basse, soprattutto se l’ambiente di provenienza sarà svantaggiato, avrà una penalità maggiore. In buona sostanza c’è chi rischia di trovarsi tra due fuochi. Da una parte c’è il fuoco congiunturale, cioè lo sfavore chi entra nel mercato del lavoro in fase recessiva e dall’altra c’è un fuoco strutturale, cioè chi proviene da fasce sociali più basse e dispone di titoli di studio più bassi. La fragilità sociale è un fenomeno da non prendere mai sottogamba: uno studio dell’Ocse – di qualche anno fa – spiegava che la povertà minorile tende all’ereditarietà. In Italia, a un bambino che nasce in una famiglia a basso reddito, potrebbero servire ben 5 generazioni per raggiungere la soglia del reddito medio.
Tutto ciò porta il report a sottolineare come sia decisivo che la formazione (soprattutto universitaria) sia coerente col mercato del lavoro, perché i giovani trovino lavoro quanto prima (altrimenti “scontare 15 anni”... è lunga). Tutte le professioni sono sottoposte a un cambiamento profondo e quindi serve attenzione alla realtà e al futuro. Le collaborazioni e i partenariati tra università e imprese sono decisivi, sono strumenti da implementare. Oggi è possibile, qualche tempo fa sarebbe stato oggetto di forti contestazioni politiche. Ma non è più il tempo di una formazione puramente astratta, servono collaborazioni coi soggetti del territorio affinché le competenze si formino attraverso lo studio assieme all’esperienza, al confronto con la realtà. È una sfida importante per oggi e per il futuro. Anzi, come appunto ha dimostrato l’Ocse, ciò che fai oggi te lo ritrovi come opportunità o vincolo in futuro. Assegnare risorse per lo sviluppo della persona non è una spesa, è un investimento. Di comunità.