Giochiamo senza genitori
Con il mese di settembre riprende anche la pratica sportiva. Abbiamo qualcosa da dire sull’attività di base che trova spazio in molti dei nostri oratori? Si ha quasi l’impressione che negli anni abbiamo un po’ sottovalutato la valenza educativa dello sport e la straordinaria opportunità di incontro con i ragazzi e con le loro famiglie. Lo sport e la scuola permettono a culture diverse di incontrarsi, di conoscersi e di superare i pregiudizi che accompagnano “l’altro, diverso da me”. In alcuni casi abbiamo visto le società come un corpo estraneo, in molti altri le stesse società hanno preso le distanze, non solo a livello gestionale, dal progetto educativo oratoriano. Non possiamo, quindi, fingere che tutto vada bene. Basti pensare che ogni fine settimana il calcio dilettantistico si fa notare per le liti in campo (tra giocatori e allenatori) e sugli spalti. Anche nel Bresciano purtroppo.
Non si contano le squalifiche e i provvedimenti disciplinari pubblicati ogni settimana. È notizia dei giorni scorsi del Daspo (divieto di accesso alle manifestazioni sportive) nei confronti di sei persone, tra cui una nonna di 71 anni, per una rissa maturata nel Cremonese nella categoria Pulcini. Perché non torniamo a giocare a porte chiuse? Perché non proviamo a chiedere ai genitori di non assistere alle gare? Al di là del tentativo di evitare intemperanze, dal punto di vista pedagogico in questa scelta c’è in gioco molto: significa, infatti, liberare i bambini e i ragazzi dall’ansia di prestazione. Lasciamoli liberi di giocare e di divertirsi. Senza dover necessariamente prestare l’orecchio agli insulti o ai suggerimenti esterni. Sono altresì convinto che forse si rispetterebbero di più anche le decisioni dell’arbitro. C’è qualche oratorio disposto ad accettare la sfida? Non è un arretramento di fronte alle intemperanze di pochi, ma può essere semplicemente la premessa per rinsaldare l’alleanza con le famiglie. La partita è già iniziata. Non c’è molto tempo da perdere.