di BRUNO CESCON
25 ago 2015 00:00
Funerale senza sfarzi
Che dice il rituale sulle esequie? Perché da lì, dal senso profondo delle esequie occorre partire
Dal punto di vista della Chiesa il problema di questo funerale, come di altri per altre ragioni, è piuttosto rilevante e non di facile gestione da parte dei parroci. Cominciamo anzitutto con l’affermare che il parroco non si sostituisce al giudice terreno circa i misfatti di un presunto mafioso, magari noto a tutti ma non condannato. Insomma il sacerdote non fa le veci della magistratura. Può solo nell’omelia ricordare la misericordia divina per i peccati del defunto, evitando sfarzi. Sono tutte queste osservazioni di buon senso.
Ma che dice il rituale sulle esequie? Perché da lì, dal senso profondo delle esequie occorre partire. Non dalle opinioni di quanti (non solo politici), si lavano i panni sporchi con belle dichiarazioni, facendo gli scandalizzati. Né dalle polemiche giornalistiche.
Il rito delle esequie ha un compito preciso: esprimere “più apertamente l’indole pasquale della morte cristiana”. Purtroppo è invalsa ormai un’abitudine alla fine della celebrazione di permettere a parenti, ad amici, a responsabili di associazioni a cui il defunto apparteneva di intervenire. In qualche caso succede addirittura che si concede un intervento anche all’inizio della celebrazione. Insomma, il funerale diventa spesso già in chiesa una commemorazione, naturalmente “graziosa”, sulle qualità superumane del defunto.
Dicono le Premesse al rito a tal proposito: “Infine dopo la monizione introduttiva all’ultima raccomandazione e commiato, secondo le consuetudini approvate dall’Ordinario, possono essere aggiunte parole di cristiano commento nei riguardi del defunto”.
Vi è un altro passo delle Premesse al rito delle esequie che coinvolge tutti nella gestione di un funerale. Riguarda laici e sacerdoti, famigliari e conoscenti: “tutti gli appartenenti al popolo di Dio. Nella celebrazione delle esequie ognuno ha un suo compito e un ufficio particolare da svolgere: lo hanno i genitori o i familiari, gli addetti alle onoranze funebri, la comunità cristiana e tanto più il sacerdote, educatore della fede e ministro del conforto cristiano, che presiede l’azione liturgica e celebra l’Eucaristia”.
Si invita poi a evitare qualsiasi “distinzione di persone private”. “Nella celebrazione delle esequie, tranne la distinzione derivante dall’ufficio liturgico e dall’Ordine sacro e tranne gli onori dovuti alle autorità civili, a norma delle leggi liturgiche, non si faccia nessuna distinzione di persone private o di condizioni sociali, sia nelle cerimonie che nell’apparato esteriore”.
Nello stesso tempo si prega di accogliere anche le tradizioni locali cercando di piegare in termini cristiani quelle più lontane dalla celebrazione del mistero della morte e resurrezione. “Le esequie celebrate per i cristiani esprimano la fede pasquale e dimostrino uno spirito in piena linea con il vangelo”.
In parole semplici la gestione di un funerale è molto delicata. In casi particolari è bene che il sacerdote con la sua comunità si rivolga al proprio vescovo per mediare situazioni talvolta di prepotenza dei famigliari del defunto. Il funerale resta sempre un momento delicato nella vita pastorale di una comunità avendo esso anche riflessi civili. Conta che resti una celebrazione della misericordia Dio, del passaggio di un battezzato dalla morte alla vita.
BRUNO CESCON
25 ago 2015 00:00