Fraternità? Abbiamo molto da imparare
Tante volte abbiamo detto che “la storia è maestra di vita”, tante volte abbiamo detto che quanto avvenuto nel passato può servire anche per costruire meglio il presente…Mi piacerebbe allora che provassimo a pensare cosa ha suscitato nella vita degli italiani quanto avvenuto il 7 marzo 1991 al porto di Brindisi. In 24 ore sbarcarono su tre grandi traghetti circa 20.000 albanesi; la storia ci insegna che scattò la gara dell’accoglienza e della condivisione e così mi chiedo cosa abbiamo imparato da questa storia quando oggi, per numeri ben minori, scateniamo polemiche sull’accoglienza sulle coste di Lampedusa. Forse dovremmo davvero imparare un po’ di più dalla nostra storia. Allora credo ci faccia bene celebrare i trent’anni da questo sbarco e accorgerci di come questo evento ha segnato per questo popolo la possibilità di iniziare a scrivere una storia nuova di vita anche attraverso la nostra accoglienza. In questi giorni a Brindisi e a Bari gli stessi albanesi, protagonisti di quei giorni, hanno raccontato di come ancora oggi vorrebbero incontrare le persone che li hanno aiutati; qualcuno ricorda ancora le “17.000 lire ricevute per poter telefonare a casa e comprarsi una focaccia”.
Mi fa impressione pensare a questi racconti e rendermi conto di come non abbiamo ancora saputo imparare da questa storia di povertà e di generosità. Da una parte sarebbe bello capire che questa accoglienza di massa ha permesso a un popolo di rinascere, di ritrovare risorse per ricostruire le proprie case attraverso il lavoro che avrebbero trovato in Italia; sarebbe bello capire che l’accoglienza ha ridato futuro a questa nazione. Gli albanesi si sentono un po’ italiani, lo ricordava anche il primo ministro Edi Rama in visita Bari in questi giorni. L’accoglienza fa vivere chi la riceve. Dall’altra parte sarebbe bello capire come, noi italiani, eravamo più generosi quando non avevamo pregiudizi e sapevamo donarci agli altri senza troppi doppi pensieri. Io ho vissuto quasi dieci anni in Albania come missionario e posso testimoniare che è vero che nel sogno di ogni giovane albanese c’è quello di poter venire in Italia, ma è anche vero che questa non è una scelta comoda e facile che si affronta a cuor leggero; è una scelta che chiede sacrificio ma che permette a una famiglia di tornare a sperare in qualche risorsa in più per la propria vita. Non è facile emigrare; ho visto le lacrime di famiglie che salutavano i propri figli che da soli, con un semplice bagaglio a mano, partivano per mandare a casa qualche risorsa. Non è comodo o facile emigrare. Sono passati trent’anni e in modo meno evidente la storia si ripete ma noi siamo diventati più indifferenti a queste fatiche.
Allora mi chiedo che cosa conosciamo della storia di questa terra, di questo popolo, della sua attuale situazione politica, economica e religiosa. Se vogliamo che la storia ci insegni qualcosa, è importante che ci impegniamo a conoscere un po’ di più questo splendido popolo; io in questi anni di vita missionaria ho acquisito anche la cittadinanza albanese…ne sono orgoglioso…e ora volentieri mi sento un albanese in emigrazione, che ama l’Italia e che resta con il cuore in Albania.