di ROMANO GUATTA CALDINI
06 mar 2015 00:00
Figlio di suo fratello e di sua nonna
Un caso di maternità surrogata in Inghilterra dimostra come questa procedura - se non accompagnata da una legislazione che tuteli gli interessi di tutti, a partire da quelli del nascituro - sia moralmente discutibile
Immorale. Non c’è altro termine per definire l’ultimo caso di uso “improprio” della scienza che, guarda caso, ha per oggetto la “maternità surrogata”. Già la definizione “utero in affitto” fa drizzare i capelli, ma ciò che l’alta Corte inglese ha ritenuto legale, quindi legittimo, supera la più fervida immaginazione, assumendo i contorni di un film dell'orrore.
Inghilterra. Un uomo, single, che noi chiameremo “Jack”, decide di voler diventare padre, ma non è sposato, non è fidanzato né tanto meno ha una relazione con una donna che possa trasformare in realtà le sue “velleità genitoriali”. Nessun problema: il progresso scientifico rende possibile l’impossibile. L’uomo decide così di parlare del suo “sogno” in famiglia e una parente acconsente, salvo poi ritirarsi, forse dopo una provvidente quanto tempestiva illuminazione divina. Chi, invece, non ha avuto scrupoli è stata la madre di “Jack”. I due, infatti, si sono recati in una clinica riconosciuta ufficialmente dall’autorità statale inglese Hfea, qui alla donna è stato impiantato l’embrione “prodotto” con il liquido spermatico del figlio.
La questione è intricata sotto tutti i punti vista, a partire dai legami familiari. Tirando le somme, stando a quanto riportato dal Daily Mail che ha diffuso la notizia, il nascituro avrà come padre il fratello e come madre la nonna. Di fronte a tale paradosso una persona con un briciolo di buon senso, a questo punto, interverrebbe, tanto più se chiamato a decidere sul da farsi è un giudice dell’Alta corte. A dire il vero il giudice Theis, questo il nome del togato, è intervenuto, infatti ha accordato al buon “Jack” il permesso di adottare suo fratello, pardon, suo figlio…
ROMANO GUATTA CALDINI
06 mar 2015 00:00