Cristiani tiepidi, giovani assenti
Eberhard Schockenhoff nel libro edito da Queriniana “E pace in terra? Il Natale come provocazione” afferma che finché da qualche parte sulla terra c’è gente che subisce guerre, ingiustizie e persecuzioni, quel che celebriamo a Natale è solo un assaggio. Soltanto se prestiamo voce a quanti sono messi a tacere da violenza, intimidazione e oppressione, manteniamo viva la provocazione che viene dal Natale, la grande festa dell’amore di Dio. Il Natale è solo un ricordo lontano e questo non è un vecchio editoriale rimasto in pagina. Non è un errore. È il tentativo di ribadire ancora una volta che non abbiamo più tempo da perdere. Come cristiani, seppur impegnati in molteplici attività, siamo troppo tiepidi. La maggior parte di noi preferisce non interessarsi e demandare ad altri le decisioni. Nei giorni scorsi, a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina. La parola pace è risuonata con decisione in centinaia di piazze d’Europa. Domenica, anche a Brescia, un migliaio di persone sono scese in strada per fermare la guerra. Là dove chi ha responsabilità politiche e istituzionali non arriva, arrivano invece la gente comune, le associazioni, i cittadini e le cittadine stanchi della logica bellicista che anima il dibattito sul conflitto in Ucraina.
Difficile giustificare la miopia della maggioranza della classe politica europea. Non c’è la percezione di quello che sta accadendo. Purtroppo mancano all’appello i giovani che, giustamente e meritoriamente, si stanno battendo per il clima e per l’ambiente, ma sono troppo silenti sulla guerra e sui temi della pace. Provate a immaginare quanto rumore potrebbero fare... La colpa è anche di noi adulti che non li abbiamo saputi appassionare. Siamo vicini a un punto di non ritorno. La minaccia di una guerra sempre più globale aleggia sulla testa di ciascuno di noi.
Concedere l’asilo politico ai giovani di Russia, Bielorussia e Ucraina che scelgono di non imbracciare le armi rappresenta il primo passo, come ha sottolineato Mao Valpiana del Movimento Nonviolento, per interrompere la violenza. Il secondo passo, nelle intenzioni di Europe for peace, è alimentare attraverso una raccolta fondi le tante associazioni impegnate sul campo per la pace. Significativa a tal proposito le testimonianze di Katerina dall’Ucraina, di Olga dalla Bielorussia e di Darya dalla Russia: rischiano la vita per garantire la pace alle loro popolazioni. Nelle loro parole non c’è la sete della vendetta, ma l’esplicita richiesta di un cessate il fuoco. Non hanno domandato armi, ma verità e solidarietà. Con Europe for peace si stanno gettando le basi per una Conferenza internazionale di pace “dal basso” a Vienna a giugno, in attesa che l’Onu possa dare voce alla diplomazia mettendo in agenda una Conferenza internazionale di pace ufficiale.
Come affermava Gino Strada, “cancellando il diritto di vivere, la guerra nega tutti i diritti umani”.