Fascismo e antifascismo: no ai salti logici
Ho vissuto con dispiacere e rammarico gli eventi che, accanto ad altri, hanno animato il dibattito politico bresciano negli ultimi giorni, giornalisticamente definiti come “gli scontri di Piazza Vittoria”. Ho letto con attenzione le prese di posizione che si sono succedute, tra fuochi incrociati e qualche strumentale manipolazione per scopi elettorali.
Come a volte accade, si è paradossalmente ottenuto il risultato di distrarre l’attenzione da ciò che avrebbe dovuto apparire ictu oculi come una ferita inferta alla nostra democrazia: la riproposizione di simboli e disvalori propri della sanguinaria e liberticida dittatura fascista proprio a Brescia, città medaglia d’argento al valor militare per la lotta di Liberazione dal nazifascismo, ferita, cinquant’anni fa, da una bomba neofascista.
Sembrano non bastare una disposizione costituzionale – finale e non transitoria! – né le successive leggi n. 645 del 1952 e n. 205 del 1993, come interpretate dalla giurisprudenza delle Corti, per sanzionare manifestazioni, presidi, raduni, durante i quali si denigrano i valori della Resistenza, si svolge propaganda razzista, si esaltano esponenti, principii, fatti e metodi propri del partito fascista, si compiono manifestazioni esteriori di carattere fascista.
Pur ritenendo che il limitato ricorso a tali strumenti legislativi renda la democrazia più vulnerabile, non ignoro il cuore del problema: se la democrazia muore nel cuore del popolo, nessuna norma giuridica potrà farla resuscitare.
Ma negli ultimi giorni, purtroppo, l’attenzione si è spostata su altro. E dispiace dover riconoscere che questa operazione di distrazione di massa non sarebbe andata a buon fine se coloro che si definiscono “antifascisti militanti” si fossero attenuti alle prescrizioni impartite dalla Questura, svolgendo il proprio presidio in Largo Formentone.
Se fossero state rispettate da tutti – anche formalmente - le regole, oggi si potrebbe più efficacemente affermare che “irregolari” restano e resteranno sempre i neofascisti: chi si dichiara fascista, infatti, si pone de facto contra Constitutionem.
Qualcuno replicherà, magari citando don Milani, che l’obbedienza non è più una virtù allorché non si esiga il rispetto sostanziale della legge – compresa quella fondamentale – da parte di tutti.
Mi sia permesso eccepire che la disobbedienza resta una strada possibile solo in presenza di leggi ingiuste e liberticide; diversamente, dovremmo tutti piuttosto continuare ad esigere che le autorità di pubblica sicurezza garantiscano l’“ordine pubblico”, nozione da intendersi, tuttavia – come l’impianto costituzionale richiede - non solo in senso formale, ma integrata dall’osservanza di quei principi fondamentali che ci consentono di definire la nostra Repubblica “democratica”.
Considero, quindi, inaccettabile la malcelata equidistanza tra fascismo e antifascismo, che affiora da alcune prese di posizione della politica locale e nel cui tranello mi auguro non cada il Consiglio comunale, ma parimenti respingo il tentativo politicamente interessato di distinguere tra antifascisti buoni – dipinti come intransigenti – da un lato, e antifascisti cattivi – rappresentati come accomodanti – dall’altro.
Non vanno lontano rappresentazioni costruite attraverso scorciatoie e salti logici. E – peggio– non producono altro effetto se non quello di ridurre l’antifascismo ad un gioco di “guardie e ladri”, tralasciando ciò che oggi dovrebbe preoccupare di più: la saldatura tra le frange estreme del neofascismo e alcuni partiti della destra di governo, a partire da Fratelli d’Italia, come la stessa inchiesta di Fanpage dedicata a Gioventù Nazionale ha plasticamente dimostrato.
E’ questa la ragione che dovrebbe indurre soprattutto intellettuali e dirigenti di partito a comprendere che l’autoreferenzialità deve lasciare spazio alla valorizzazione di ciò che unisce e all’impegno costante ad allargare il campo, rivolgendosi soprattutto a quella maggioranza silenziosa che non ci si può rassegnare a considerare indifferente.
Per questo al “non arretreremo nemmeno di un passo” (ne restasse uno solo), auspicherei si sostituisse la volontà di lasciarsi questa infelice parentesi alle spalle, riprendendo le fila del discorso a partire dalla straordinaria manifestazione che ha saputo raccogliere ben 4.000 persone in Piazza della Loggia sotto una bandiera comune: quella dell’antifascismo come pregiudiziale essenziale a qualunque opzione politica.
@Comune di Brescia