Fare pace rende felici
“Fare pace rende felici” è stato il motto dell’edizione 2023 dell’iniziativa “Luce della Pace”, una fiaccola che arde perennemente da moltissimi secoli nella chiesa della Natività a Betlemme; a dicembre di ogni anno, da quella fiamma ne vengono accese altre e fatte viaggiare in tutto il mondo come simbolo di pace e fratellanza fra i popoli. È arrivata anche nel Bresciano, dove è stata accolta da gruppi Scout, amministrazioni, ma anche singole cittadine e cittadini e dalle Acli.
Perché la pace è patrimonio di tutte e tutti noi: la sua Luce può illuminare le nostre coscienze e aiutarci a comporre sinfonie di pace, sempre. Accendere una fiamma può sembrare un gesto inefficace per fermare le guerre, ma così non è, come indicato anche dallo stesso motto della “Luce della Pace” 2023, che utilizza termini ben precisi e pieni di concretezza, a partire dal primo: “fare”. La pace si fa, non è un’entità sovrannaturale, anzi, è, o per lo meno dovrebbe essere, un valore e una realtà profondamente umana. Tutti gli esseri umani possono “fare pace”, coltivando relazioni d’amore ovunque, nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, in quelli di socialità e di cultura, ma anche nel lessico quotidiano, che può diventare un nuovo linguaggio non armato. E se si fa pace si diventa “felici”: la felicità, grandioso concetto filosofico, anelito dell’umanità, messaggio evangelico! Il brano del Vangelo di Matteo (5,3-10) chiarisce bene la gioia che scaturisce dal “fare pace”: “Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli”.
Anche papa Francesco, nei suoi messaggi per la Giornata della Pace, sottolinea sempre quanto la pace sia elemento indispensabile, ontologico, per l’esistenza, umana (e non solo) oltre che per vivere nella gioia. Il messaggio di gennaio 2024, incentrato sul concetto e sulla concretezza dell’intelligenza artificiale, ci ricorda quanto ragionare sulla pace sia essenziale anche per confrontarsi con questo tema. La tecnologia sempre più avanzata infatti, se da un lato porta benefici alla vita, dall’altro ha in sé anche tante minacce: “In questi giorni, guardando il mondo che ci circonda, non si può sfuggire alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra – scrive infatti Papa Francesco - . Il mondo non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra. Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più ‘artificiale’. Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace”.
Riflessioni, queste, affrontate anche dalle Acli lo scorso settembre al 55° incontro nazionale di studi dal titolo: “Nuove tecnologie e intelligenza artificiale. Esperienza del limite e desiderio di infinito”. Ne sono emersi tanti interrogativi sui radicali cambiamenti apportati dalla tecnologia, con i quali abbiamo imparato a convivere, ma che hanno reso sempre più difficile individuare i criteri per discernere il proprio dell’umano e il proprio della tecnica. Quanto è possibile fidarsi delle macchine? Cos’è virtuale? Cos’è reale? E la nostra coscienza? Come esercitarla, sapendo che non è prescindibile né dalla nostra corporeità e tanto meno dalla nostra cultura? Le nostre relazioni, i nostri contatti umani saranno soppiantati dalla tecnologia? Tantissime domande che non possiamo eludere, per rimodellare la nostra idea del mondo e ridisegnare le categorie del pensiero. Per affrontare con rinnovato spirito critico il nuovo anno che è appena iniziato.