Export armi: norme da applicare
Lo scorso maggio Greenpeace ha pubblicato un sondaggio d’opinione svolto dall’istituto di ricerca britannico YouGov su un tema che raramente è oggetto di indagine: le esportazioni di armamenti. Dal sondaggio emerge che i cittadini dei quattro principali Paesi produttori di sistemi militari nell’Ue (Francia, Germania, Spagna e Italia) contestano le politiche di esportazione di armi dei loro governi. Il punto più rilevante per due italiani su tre è che il governo non tiene sufficientemente conto dei princìpi morali ed etici quando autorizza l’export militare e a guadagnarci non sarebbero i cittadini, ma le aziende militari ed il governo. Non sembrano essere dello stesso parere taluni opinionisti della difesa che da mesi stanno facendo fronte comune con alcuni parlamentari ed esponenti militari nel chiedere di rivedere le norme in vigore allo scopo di facilitare le esportazioni militari in quanto inadeguate a promuovere non solo la competitività della nostra industria militare ma la nostra stessa politica estera. Secondo costoro, incrementare l’esportazione di sistemi militari servirebbe a dotarci di “strumenti di pressione” per poter “picchiare i pugni sui tavoli internazionali”.
Dimenticano di dire due cose: che dal 1990 l’Italia ha autorizzato esportazioni di armamenti ad almeno 130 paesi per un valore complessivo di oltre 80 miliardi di euro, ma che questo non è servito affatto a renderci più autorevoli sulla scena internazionale, semmai a dimostrare l’incoerenza della nostra politica esportativa e la sudditanza agli interessi delle aziende militari in particolare di quelle a controllo statale (Leonardo e Fincantieri). In secondo luogo che le esportazioni di armamenti sono sottoposte a norme nazionali e internazionali (il Trattato sul commercio di armi che l’Italia ha ratificato nel 2013 con voto unanime delle Camere) che prevedono espliciti divieti per uno scopo preciso: evitare che le armi vengano utilizzate per alimentare i conflitti, per commettere crimini contro l’umanità e violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. L’unico scopo riconosciuto per esportare sistemi militari è infatti quello della legittima difesa di uno Stato e della sua popolazione. La legge 185/90, fortemente voluta oltre 30 anni fa dalla società civile laica e soprattutto cattolica, permette già alle aziende di esportare armamenti secondo le norme internazionali. È una legge che va applicata rigorosamente e non certo stravolta per presunte necessità dell’industria di penetrare i mercati esteri o per renderci più autorevoli. Il sondaggio di YouGov dimostra che la maggioranza dei cittadini lo pretende.