Esternalità, ecologia e democrazia
L’umanità si trova ad affrontare diversi rischi esistenziali. Si combattono conflitti che sono catastrofici per chi è direttamente coinvolto, ma che potrebbero dispiegare effetti simili anche per molti altri se si allargassero, viste le tante nazioni con arsenali nucleari e l’economia fortemente interconnessa in cui viviamo. La perdita di biodiversità, il degrado degli ecosistemi e i cambiamenti climatici minacciano tutte le regioni del mondo.
Le possibilità che abbiamo di gestire responsabilmente queste e altre crisi dipendono dall’onestà e dalla prontezza con cui governi e società prendono atto degli squilibri più acuti, valutano con trasparenza soluzioni cooperative ed eque, e agiscono di conseguenza, sia sulle cause strutturali che sulle conseguenze più dannose per le persone. Questo modo di procedere si chiama democrazia. Tutt’altro che perfetto o privo di distorsioni, lentezze, fratture, è l’unico che può applicare ai complessi problemi che abbiamo di fronte principi di equità, responsabilità, collaborazione, metodo scientifico.
I regimi autoritari e gli istinti populistici emergenti anche nei sistemi democratici guadagnano ed esprimono il loro potere in modi sicuramente dannosi per l’interesse generale. Il nazionalismo, il trumpismo e i populismi dei nostri tempi non solo creano un generale riflesso antidemocratico. Queste pulsioni si caratterizzano anche per una chiara visione negazionista o “ritardista” sulla crisi ecologica, e finiscono col proteggere gli interessi di gruppi economici ristretti, come quelli legati ai combustibili fossili o a gruppi industriali restii a riconoscere la necessità di convertirsi. Un’impresa che inquina un corso d’acqua, un’automobile che sprigiona sostanze nocive, un individuo che emette gas serra per i propri consumi sono tutti esempi di esternalità negative, di diseconomie, che l’attività di un’unità economica esercita sulla produzione o sul benessere di soggetti che non hanno avuto alcun ruolo decisionale nell’attività stessa.
Populismo e demagogia tendono a negare o sminuire l’esistenza di queste e altre esternalità, nel nome di una libertà di attività economica che in realtà preserva profitti e vantaggi di minoranze a danno dell’interesse generale. È facile riconoscere, quindi, come l’inquietante arretramento democratico che si registra in molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, derivi da palesi conflitti sulla distribuzione tanto dei diritti quanto delle risorse. Così come è facile riconoscere da che parte stia il bene comune.