Educazione civica, stop di buon senso
Buon senso. Merce rara, ma questa volta sembra proprio essersi palesato – inaspettatamente – nel governo delle nostre scuole. Sì, perché la decisione del neo ministro Fioramonti di bloccare l’introduzione nelle classi della tanto decantata Educazione civica fin dall’anno scolastico appena cominciato pare proprio un esercizio di buonsenso.
Buon senso. Merce rara, ma questa volta sembra proprio essersi palesato – inaspettatamente – nel governo delle nostre scuole. Sì, perché la decisione del neo ministro Fioramonti di bloccare l’introduzione nelle classi della tanto decantata Educazione civica fin dall’anno scolastico appena cominciato pare proprio un esercizio di buonsenso. Che segue ad un altro esercizio solitamente poco praticato: l’ascolto dei consigli di chi deve, appunto consigliare, con competenza. In questo caso si tratta del parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione, uno di quegli organismi il cui parere è “obbligatorio ma non vincolante” e del quale spesso ci si dimentica addirittura l’esistenza. Nel caso dell’Educazione civica che – come tutti sanno – è diventata legge il 1° agosto scorso, ma in Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata solo il 5 settembre (ad anno scolastico già iniziato), innescando subito il problema della sua attivazione immediata (come avrebbe voluto il governo precedente, che pure ha trovato l’escamotage di un avvio “sperimentale obbligatorio”), proprio il Consiglio superiore della pubblica istruzione si è pronunciato con una bocciatura. Non perché l’Educazione civica non serva nelle scuole, intendiamoci, ma perché – così spiegano i “consultori” – la “sperimentazione obbligatoria” metterebbe in difficoltà le stesse istituzioni scolastiche. Diverse le considerazioni dell’organismo ministeriale, che in sostanza spiega come “questa sperimentazione, sia pure ad adesione volontaria, non è praticabile a questa data in quanto comporta una serie di adempimenti sul piano organizzativo e didattico di difficile attuazione e tale da compromettere la qualità ed il significato della sperimentazione stessa”. Ne risulterebbe tra l’altro “sconvolto il curricolo e il piano di attività, già predisposto per l’a.s. 2019/20”. Serve invece una “riflessione aggiuntiva” su quanto già esiste (“Cittadinanza e Costituzione”, ancora in vigore) e la strada nuova che si vorrebbe perseguire.
Non solo, il Cspi sembra “bacchettare” la strategia seguita, carente – per semplificare – di coinvolgimento dei soggetti interessati e suggerisce di usare l’anno scolastico in corso per “preparare studenti e genitori al significato del nuovo insegnamento”, ma anche “realizzare adeguate iniziative di formazione del personale scolastico” e “studiare modalità di valutazione del nuovo insegnamento anche nelle sue connessioni con gli strumenti attualmente esistenti quali le rubriche di valutazione che chiariscano i diversi livelli di apprendimento corrispondenti ai voti, la certificazione delle competenze e il sistema degli esami”. Insomma, freno tirato. Niente fretta. L’educazione civica a scuola è certamente una buona cosa, ma bisogna procedere con cautela e senza confusioni. Fin qui il Cspi. Il cui parere, tuttavia, non stupisce più di tanto gli addetti ai lavori, tra i quali le perplessità sulle possibili novità da sperimentare a scuola hanno cominciato subito a farsi sentire. Il fatto decisivo sta nella decisione del neoministro Fioramonti di seguire il consiglio ricevuto. E allora diamoci tempo. Che sia davvero il momento di mettere da parte l’ansia delle “riforme” (più o meno impattanti) a tutti i costi per cercare prima di capire cosa serve davvero alla scuola e magari creare le condizioni perché i cambiamenti che sicuramente servono possano davvero funzionare? Bene ministro, buona partenza.