Educatori... se ci sono, ci basta?
Una riflessione sul ruolo degli animatori del Grest. L'editoriale del n° 24 di Voce è di don Adriano Bianchi
Il grest è per noi una delle immagini più ricche e più significative del volto bello della Chiesa. Una Chiesa che non smette di prendersi cura dei più piccoli. Una Chiesa che non smette di essere creativa nei percorsi educativi. Una Chiesa che anche nel grest gioca il suo essere costantemente in uscita, in missione, in dialogo, aperta all’incontro e alla relazione con tutti. Tutto è partito secondo la sana tradizione oratoriana bresciana. Il grest è percepito anzitutto come un’opportunità, non è catechismo, ma è occasione di aggregazione ed evangelizzazione sempre e in ogni caso. Restare fedeli a questo mandato non è scontato. Ogni anno si aprono nuove sfide da raccogliere e trasformare in “chance” positive. L’ultima sfida educativa percepita, e non da oggi, sta nel costante mutamento delle caratteristiche dei ragazzi che intercettiamo. Solo alcuni anni fa non ci ponevamo la questione della presenza, per esempio, dei bambini stranieri in oratorio o al grest. Oggi questo è un dato acquisito. La logica inclusiva della comunità cristiana ha vinto le prime resistenze e gli oratori sono, percentualmente, sempre più colorati dai volti dei bimbi di tutto il mondo. Nuovi bresciani, nati qui, che frequentano la scuola, la società sportiva e sono amici dei nostri bambini.
Molti di loro sono cristiani, molti altri non lo sono. In oratorio e al grest hanno trovato casa come tutti e la parrocchia li ha accolti nella “palestra dove si educa a essere buoni cristiani e onesti cittadini”. Nella proposta questo vale anche nei confronti dei bambini stranieri, cattolici, musulmani o atei che siano. Il punto di accesso in oratorio è sempre basso: è richiesto il rispetto delle persone, delle cose e un minimo di apertura verso i percorsi che l’oratorio propone. Ci siamo.
Ma se la questione tocca il tema della responsabilità educativa? A chi compete educare? Con quali competenze e caratteristiche? Insomma, chi fa parte della comunità educativa? Non mancano le indicazioni nemmeno su questo tema, ma anche su questo c’è un evolvere delle situazioni che travolge e pone nuove domande. Qualcuno, giustamente, distingue: un conto sono i catechisti, un conto coloro che fanno i baristi, un conto sono gli animatori del grest. Provoco. Ci sono allora educatori di serie A e serie B? No, ma è indubbio che le competenze, la formazione e la responsabilità sono diverse. E davanti a questioni di tipo morale e religioso come si comporta l’oratorio quando si tratta di individuare la responsabilità educativa? Teniamo conto che non dobbiamo rispondere solo alla comunità cristiana, ma alle famiglie, ai bambini. Di questi tempi cosa dire su situazioni irregolari o moralmente discutibili, musulmani o non battezzati? Ragionando in termini di principio la risposta è semplice, ma poi quando hai davanti le persone? Toccherà a chi compete, anche in diocesi, approfondire queste tematiche perché la prassi negli oratori è già andata per la sua strada. Anche nei grest di quest’anno ci sono ragazzi musulmani che hanno dato la loro disponibilità a fare gli educatori e lo stanno facendo con i loro coetanei.
Forse in qualche nuovo consiglio pastorale o tra gli educatori dell’oratorio ci sono già persone che nella loro storia personale hanno alle spalle un matrimonio fallito, ma sono serie, generose, affidabili, credenti più di molti altri. Ci sono... ma può bastarci?