Ecumenismo: il dialogo si fa dinamico
Quando, duecento anni fa, un piccolo gruppo di residenti inglesi a Roma diede origine alla parrocchia anglicana di All Saints mai avrebbe immaginato che un Papa vi entrasse, pregasse con i fedeli della comunità, cantasse i vespri e benedicesse un’icona per celebrare, a due secoli di distanza, l’anniversario della fondazione
Quando, duecento anni fa, un piccolo gruppo di residenti inglesi a Roma diede origine alla parrocchia anglicana di All Saints mai avrebbe immaginato che un Papa vi entrasse, pregasse con i fedeli della comunità, cantasse i vespri e benedicesse un’icona per celebrare, a due secoli di distanza, l’anniversario della fondazione. Allora cattolici e anglicani si guardavano con diffidenza e ostilità e non facevano alcuno sforzo per cercare di superare pregiudizi e sospetti. Invece, a poco a poco, il clima è cambiato e la visita che papa Francesco ha compiuto pochi giorni fa nella chiesa romana si inserisce, naturalmente, nel lento, ma progressivo e costante cammino verso l’unità che si alimenta di gesti come questo che vogliono, mentre si approfondiscono il dialogo e il confronto sul piano teologico, favorire la dimensione dell’incontro e della reciproca conoscenza.
Il Papa ha definito cattolici e anglicani “fratelli e sorelle in Cristo, amici e pellegrini”, ricordando che, pur rimanendo aperte alcune questioni su cui non si è ancora d’accordo, pregare e lavorare insieme aiuta ad avvicinarsi e a ricercare le strade per superare le difficoltà. Per questo, papa Francesco ha sempre sottolineato in modo vigoroso l’importanza della collaborazione nella carità e nel servizio ai poveri e anche nella chiesa di All Saints non ha deviato da questa linea con l’ annuncio di una possibile visita pastorale in Sud Sudan con l’arcivescovo di Canterbury Welby, accogliendo l’invito sofferto, ma determinato e pieno di speranza, dei tre vescovi della regione − anglicano, presbiteriano e cattolico – che, di fatto, nell’accompagnare e condividere la pena dei fedeli a loro affidati vivono l’ecumenismo in modo diretto e concreto, senza fronzoli e senza troppi distinguo: un ecumenismo sul campo, molto vicino alla sensibilità e al cuore di Francesco.
Così, dopo la missione a Lesbo, tra i migranti con i patriarchi ortodossi Bartolomeo e Hieronimus, dopo aver appoggiato con forza il Progetto, condiviso con la chiesa valdese, dei corridoi umanitari per i profughi di guerra, che probabilmente verrà raccolto anche dalle Chiese evangeliche tedesche, il Papa lancia una nuova sfida, che risponde solo alla logica della comunione e del fare le cose insieme. Una notizia giudicata da molti inaspettata, ma che non deve, invece, stupire perché, come ha detto rispondendo a una delle domande che gli sono state poste durante la visita, “non si può fare il dialogo ecumenico stando fermi”.