Economia: stile d'impresa
Chiudevo l’editoriale precedente dicendo che tenere in equilibrio armonico persone, modello organizzativo e stile imprenditoriale è esercizio quotidiano e continuo, dinamico quanto complesso. E lo stile d’impresa ci rappresenta, veicola la nostra immagine e ci rende riconoscibili sul mercato. Ed è agito dalle persone, che in ruoli e posizioni differenti, danno vita a comportamenti o prassi organizzative espressione del modo in cui facciamo impresa e dei valori che muovono le nostre azioni. Lo stile imprenditoriale trova espressione comunemente nella leadership, rispetto cui tanto si è scritto e pensato.
Ciò che è rilevabile è che, partendo dai due estremi di leadership, istituzionale (definita dall’impresa ed in cui ruoli e funzioni sono calati dall’alto) e funzionale (tramite la quale si esercita la capacità di rispondere ad aspettative e richieste di raggiungimento dei risultati), la gamma di sfumature intermedie che indicano la tipologia di leadership è ricca (leadership transazionale, situazionale, carismatica, generativa, servant e wise leadership, etc…). E il dinamismo dei tempi e l’evoluzione dei modelli organizzativi d’impresa portano agli occhi un’altra consapevolezza: la leadership non è necessariamente affare di competenze e prescinde dal ruolo, rispondendo alla postura che la persona assume ed alle attitudini che esprime nel ruolo stesso.
Possiamo avere responsabili di azienda e collaboratori di qualsiasi altro livello similmente capaci di leadership, e magari in modo inatteso. Se dunque approcciamo l’idea per cui leader può essere chiunque assuma una postura di risposta ed armonizzazione dei bisogni delle persone e dell’organizzazione, anche prescindendo dal ruolo, appare naturale allargare l’orizzonte e accarezzare l’ipotesi di una leadership oltre il singolo, contestualizzabile nell’economia delle organizzazioni che Simon e Barnard propongono, in cui la visione è una organizzazione di uomini finalizzata, il management si basa sulla partnership, le relazioni tra le persone sono di identificazione, gli incentivi sono orientativi alla partecipazione e la visione antropologica è quella dell’uomo cooperante. E la lucida visione dell’oggi in cui le imprese vivono dovrebbe aiutare a intuire che il tema non è tanto governare e gestire la complessità, quanto piuttosto nella complessità, la quale è pressochè una costante. E la complessità richiede che ognuno faccia il proprio, secondo competenze e talenti. E secondo voi, nelle imprese calate nella complessità, quale stile imprenditoriale e paradigma organizzativo è dunque meglio adottare?