Dove andiamo? Qual è la direzione?
All’inizio di ogni anno, se la stanchezza di vivere non prende il sopravvento, facciamo molti buoni propositi. A volte diamo anche uno sguardo agli oroscopi per cercare di “comprendere” quello che, in maniera ineluttabile, ci potrà accadere. E quando (si scherza ovviamente) anche gli astri ci invitano ad osare, ci lanciamo in grandi progetti che spesso non hanno gambe per saltare gli ostacoli. La nostra testa corre velocemente, forse troppo, ma abbiamo l’impressione di essere immobili.
Fatichiamo a sperimentare la gioia, ma invidiamo quella che osserviamo sul volto degli altri. Anche se non è facile, dovremmo piuttosto chiederci in che direzione stiamo andando, cosa ci spinge ad affrontare ogni giorno con entusiasmo e non con rassegnazione. Vale per un anziano che pensa di aver già offerto il meglio di sé, ma che invece potrebbe essere ancora un valore aggiunto per la comunità e per la sua famiglia. Vale per un giovane attirato da mille proposte che fatica a trovare lo spazio per un vero ascolto del cuore e si perde in tanti vicoli ciechi. Vale per i genitori impegnati ogni giorno (non solo il fine settimana) a custodire la relazione di coppia e a investire nell’educazione dei propri figli. Dove siamo diretti?
Lo stesso può avvenire nella programmazione pastorale. I tempi liturgici forti assorbono le nostre energie e calamitano i nostri pensieri. Corriamo così il rischio di ritrovarci già con la testa in Quaresima, perdendo di vista il presente. E se guardiamo alla realtà più grande della Diocesi, cosa dobbiamo attenderci? Come possiamo annunciare meglio il Vangelo in un mondo in continua trasformazione? Come ritornare all’essenziale?
"Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare”, sottolinea Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale del malato: la condizione degli ammalati è quindi “un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli”. È importante che la Chiesa “si misuri con l’esempio evangelico del buon samaritano, per diventare un valido ‘ospedale da campo’: la sua missione, infatti, particolarmente nelle circostanze storiche che attraversiamo, si esprime nell’esercizio della cura”. Ripartiamo da qui.