Distinguere la vita da una partita
Mi tocca commentare, da interista, l’atteggiamento antisportivo di Dimarco che ha esultato in faccia all’avversario dopo lo sbaglio del calcio di rigore. Senza voler difendere l’indifendibile e per alimentare, senza esagerare, la mia autostima nerazzurra, posso citare quello che, a fine partita, lo stesso giocatore ha scritto sui social: “Ho esultato? Sì, ho esultato e anche tanto. E mi spiace se tutta questa gioia mi sia esplosa istintivamente davanti a Henry che aveva appena sbagliato il rigore e io abbia esultato davanti a lui. Di pancia, sono sincero. Qualcuno dirà che non è una cosa bellissima e probabilmente ha ragione, ma non volevo offendere nessuno tanto è vero che al fischio finale sono andato ad abbracciarlo”. Difficile dire quanto siano vere queste parole o semplicemente strumentali.
Qualche anno fa, lo stesso giocatore, dopo aver segnato un gol contro l’Inter, ricevendo gli insulti sui social, rispose: “Non avrei mai voluto segnare questo primo gol contro la mia squadra del cuore. Mi dispiace per i tifosi che si sono sentiti offesi. Volevo chiedervi di non offendere... adesso che sta per arrivare mia figlia! Una giornata indimenticabile”. Distinguere la vita da una partita, tenendo ciò che conta: sembra banale, ma non è poco.