Digitale e pastorale? Sì, però...
Abbiamo scoperto un mondo di possibilità che già erano presenti, ma che nel tempo del Covid-19 sono diventate patrimonio di tantissimi. I due mesi di lockdown hanno prodotto un’alfabetizzazione digitale della popolazione in Italia che nemmeno avremmo immaginato fino a qualche mese fa
Anche nella vita della Chiesa, e delle nostre parrocchie, abbiamo vissuto, in queste settimane, una sorta di “accelerazione digitale”. Abbiamo scoperto un mondo di possibilità e ci siamo organizzati per essere presenti. E allora via alle catechesi su Facebook, agli incontri culturali e pastorali formato webinar in YouTube, agli incontri di gruppo, persino ai consigli pastorali in zoom, skype, cisco webex e chi più ne ha, più ne metta.
Abbiamo scoperto un mondo di possibilità che già erano presenti, ma che nel tempo del Covid-19 sono diventate patrimonio di tantissimi. I due mesi di lockdown hanno prodotto un’alfabetizzazione digitale della popolazione in Italia che nemmeno avremmo immaginato fino a qualche mese fa. Anche le nonne sanno, ormai, guardare la Messa della loro parrocchia su Facebook! I dati del Rosario del Vescovo sulla nostra pagina di Voce sono impressionanti. E questo non può farci che piacere. Questi mezzi non solo ci hanno permesso di stare vicini, ma hanno nutrito la nostra vita con la preghiera e ci hanno permesso di sentirci in comunione con i nostri pastori e la comunità.
E allora via a webcam nelle chiese, negli oratori. Non c’è parrocchia bresciana che non si sia attivata in questo senso e meno male! Ma ora che la Fase 1 e 2 sono finite, ora che siamo tornati a poter celebrare e a incontrarci, pur con qualche restrizione, in presenza, ha senso continuare? Cosa deve restare di questa esperienza di pastorale digitale? Molto, ma non tutto. Abbiamo acquisito tante competenze e capito che alcune cose funzionano meglio in digitale, paradossalmente, che dal vivo.
In primo luogo in campo formativo. La formazione a distanza, anche pastorale, molte piccole proposte di accompagnamento quotidiano, come avvenuto in Quaresima, hanno avuto un impatto, anche nel livello parrocchiale, estremamente più efficace. Perché continuare a organizzare un convegno in una grande sala, magari con relatori anche quotati e che vengono da lontano, con un dispendio di forze e soldi esorbitanti?
Perché raggiungere magari 30, 50 persone in presenza quando con un webinar in YouTube, gestito bene, se ne potrebbero raggiungere centinaia con lo stesso programma e permettendo a tutte le persone di intervenire e commentare dal vivo (e non ai soliti 3 che fanno le solite domande a fine relazione) quasi completamente a costo zero? Pensiamoci. Potrebbe valere la pena farlo per tanti uffici di curia, ma anche per associazioni e parrocchie. Convegni, ma anche molti corsi di tipo pastorale. Un esempio? Il corso degli Uffici delle comunicazioni della Lombardia che partirà il prossimo 20 giugno ha già raccolto oltre 170 iscritti ad oggi. Impensabile per una proposta simile sullo stesso tema somministrata in presenza. E la “liturgia digitale” che in questi mesi ha fatto la parte del leone? Qui bisogna andare più cauti. Un conto è la preghiera quotidiana, o forse anche il Rosario, o un commento quotidiano della parola di Dio, ma la Messa merita una riflessione ad hoc. La Messa è un’altra cosa. ll tempo dell’epidemia è stato davvero straordinario, ma adesso basta, sulla Messa è forse meglio che spegniamo le telecamere dei social. Tornare a Messa nelle nostre chiese, essere presenti, accedere direttamente all’eucaristia è essenziale alla nostra fede. Non possiamo nutrirci della bellezza senza ritrovare il gusto di incontrare la comunità, soprattutto nel giorno del Signore. L’eucaristia non può essere un banchetto virtuale. Anche il Vescovo ce l’ha ricordato nella sua lettera pastorale di quest’anno. Un conto, quindi, è la Messa radiofonica o televisiva per gli ammalati, peraltro rigorosamente in diretta, ma altro è perpetuare una Messa social che scoraggia la partecipazione dei fedeli. Adesso è il tempo di chiudere. Non è opportuno nemmeno lasciare sui nostri canali social, celebrazioni passate che rivisualizzate abbiano il sapore di una “finta” partecipazione. Conserviamo semmai qualche omelia. Niente di più. A Messa ci dobbiamo proprio andare.