Di fronte agli adolescenti difficili
Nei giorni scorsi arriva alle famiglie di Nave una lettera aperta del curato e del Consiglio pastorale per segnalare comportamenti devianti da parte degli adolescenti in oratorio. Non è un fatto né isolato né inusuale per molti paesi bresciani. Gli adolescenti hanno bisogno di trovare accanto a sé adulti che sappiano assumere un compito “generativo”, che sappiano aprire le porte al futuro
Nei giorni scorsi arriva alle famiglie di Nave una lettera aperta del curato e del Consiglio pastorale per segnalare comportamenti devianti da parte degli adolescenti in oratorio. Urge un segnale dal mondo degli adulti. L’oratorio e le agenzie del territorio non si arrendono. Non è un fatto né isolato né inusuale per molti paesi bresciani. Di cosa tenere conto? Come agire?
Gli adolescenti hanno bisogno di trovare accanto a sé adulti che sappiano assumere un compito “generativo”, che sappiano “compromettersi” nella relazione educativa, che sappiano aprire le porte al futuro perché sogni, desideri, progetti possano trovare dimora. Per questo è necessario stabilire un patto di fiducia tra gli adulti che condividono responsabilità educative senza il quale non è pensabile né la comunità né tanto meno il suo compito educativo. Si tratta, dunque, di rifondare il senso dei legami di interdipendenza, di ricomporre la trama paidetica, di ri-costruire la comunità. Per far questo è necessario che gli adulti recuperino la propria responsabilità educativa, si facciano garanti di una promessa e di un debito nei confronti dei ragazzi che stanno crescendo. L’incontro con altre famiglie alimenta le relazioni educative familiari di una tensione valoriale e ideale, contro ogni atteggiamento di delega e d’indifferenza. Aprendo le porte della propria casa la famiglia si sottrae ai pericoli della chiusura in sé stessa, offrendo impulso e stimolo al rinnovamento della comunità. La prospettiva della genitorialità sociale allarga lo spazio educativo familiare all’intera comunità educante, promuove la riflessione sulle scelte, il confronto, il coinvolgimento di tutti coloro che hanno a cuore le generazioni future. La genitorialità diffusa elegge il suo spazio d’intervento nell’intera società: in essa ogni famiglia si preoccupa corresponsabilmente del benessere di tutti i figli (e non solo i propri), avendo come fine quello di costruire una società educante che intenda la genitorialità come bene sociale che riguarda e appartiene a tutti. La comunità educante si realizza quando gli adulti (genitori, operatori, sacerdoti, catechisti, insegnanti) insieme a bambini e ragazzi si mettono in gioco con la propria specificità personale, generazionale, professionale, istituzionale per realizzare progetti di crescita e di cambiamento. L’aggettivo “educante” qualifica la comunità, ne designa una sua peculiarità: l’essere al servizio della crescita e dello sviluppo della persona, dando vita a un sistema formativo integrato, in cui, famiglia, oratorio, società civile, scuola, cooperano per la costruzione di una rete di relazioni che favorisca la crescita e lo sviluppo delle potenzialità di ogni persona. Perché questo accada è necessario far crescere una cultura della relazione e del dialogo che assuma il principio dialogico come principio guida di ogni azione educativa. L’adulto implicato personalmente in un cammino educativo è premessa necessaria per lo sviluppo di una relazione interpersonale autentica, nella quale l’Io dell’educatore, libero da paure, manifesta la sua disponibilità ad accogliere il Tu dell’educando. Accettare l’altro, ascoltarlo autenticamente, comprendere la sua realtà, favorire il dialogo, significa consentire al Tu di percepire l’esperienza intima del rapporto e di sentirsi riconosciuto nella propria unicità. L’uomo che si rivolge autenticamente all’altro uomo, l’educatore che si rapporta positivamente con l’educando, lo “individua”, lo fa emergere dall’anonimato, lo separa dalla molteplicità indifferente per concentrarsi sul rapporto con lui. Sotto l’aspetto educativo, gli adolescenti hanno bisogno di adulti che trasmettano loro modelli di riferimento, integrando ed arricchendo le relazioni affettive ed educative.
Gli adolescenti hanno bisogno di trovare accanto a sé adulti che sappiano assumere un compito “generativo”, che sappiano “compromettersi” nella relazione educativa, che sappiano aprire le porte al futuro perché sogni, desideri, progetti possano trovare dimora. Per questo è necessario stabilire un patto di fiducia tra gli adulti che condividono responsabilità educative senza il quale non è pensabile né la comunità né tanto meno il suo compito educativo. Si tratta, dunque, di rifondare il senso dei legami di interdipendenza, di ricomporre la trama paidetica, di ri-costruire la comunità. Per far questo è necessario che gli adulti recuperino la propria responsabilità educativa, si facciano garanti di una promessa e di un debito nei confronti dei ragazzi che stanno crescendo. L’incontro con altre famiglie alimenta le relazioni educative familiari di una tensione valoriale e ideale, contro ogni atteggiamento di delega e d’indifferenza. Aprendo le porte della propria casa la famiglia si sottrae ai pericoli della chiusura in sé stessa, offrendo impulso e stimolo al rinnovamento della comunità. La prospettiva della genitorialità sociale allarga lo spazio educativo familiare all’intera comunità educante, promuove la riflessione sulle scelte, il confronto, il coinvolgimento di tutti coloro che hanno a cuore le generazioni future.
La genitorialità diffusa elegge il suo spazio d’intervento nell’intera società: in essa ogni famiglia si preoccupa corresponsabilmente del benessere di tutti i figli (e non solo i propri), avendo come fine quello di costruire una società educante che intenda la genitorialità come bene sociale che riguarda e appartiene a tutti. La comunità educante si realizza quando gli adulti (genitori, operatori, sacerdoti, catechisti, insegnanti) insieme a bambini e ragazzi si mettono in gioco con la propria specificità personale, generazionale, professionale, istituzionale per realizzare progetti di crescita e di cambiamento. L’aggettivo “educante” qualifica la comunità, ne designa una sua peculiarità: l’essere al servizio della crescita e dello sviluppo della persona, dando vita a un sistema formativo integrato, in cui, famiglia, oratorio, società civile, scuola, cooperano per la costruzione di una rete di relazioni che favorisca la crescita e lo sviluppo delle potenzialità di ogni persona. Perché questo accada è necessario far crescere una cultura della relazione e del dialogo che assuma il principio dialogico come principio guida di ogni azione educativa. L’adulto implicato personalmente in un cammino educativo è premessa necessaria per lo sviluppo di una relazione interpersonale autentica, nella quale l’Io dell’educatore, libero da paure, manifesta la sua disponibilità ad accogliere il Tu dell’educando. Accettare l’altro, ascoltarlo autenticamente, comprendere la sua realtà, favorire il dialogo, significa consentire al Tu di percepire l’esperienza intima del rapporto e di sentirsi riconosciuto nella propria unicità. L’uomo che si rivolge autenticamente all’altro uomo, l’educatore che si rapporta positivamente con l’educando, lo “individua”, lo fa emergere dall’anonimato, lo separa dalla molteplicità indifferente per concentrarsi sul rapporto con lui. Sotto l’aspetto educativo, gli adolescenti hanno bisogno di adulti che trasmettano loro modelli di riferimento, integrando ed arricchendo le relazioni affettive ed educative.