Devozioni e pandemia
Le persone sembrano riscoprire la dimensione spirituale. Per qualcuno è una preghiera “laica”: la candela sulla finestra; per altri le preghiere tradizionali e le devozioni
Il tempo che stiamo vivendo sembra privarci delle relazioni. Ci sta dando anche un’opportunità: la distanza per essere più vicini. Per molti è cambiato poco, i cellulari, le app, i social hanno permesso relazioni a distanza anche tra persone che non si sono mai incontrate. Questo periodo però è diverso: produce comunione a vario livello: tra le nazioni (In Italia arrivano aiuti, medici, solidarietà, persino a Gaza un elicottero ha sorvolato la città assediata con la bandiera italiana; in Siria la chiesa di San Giorgio ad Aleppo è stata rivestita delle luci della bandiera italiana). Il mondo si scopre una famiglia: la “famiglia di nazioni” di San Giovanni Paolo II all’Onu nel 1995. Stiamo imparando che oltre alla tecnologia, all’economia c’è la civiltà dell’amore come risposta all’emergenza: medici, infermieri, volontari. Noi stessi ci siamo sentiti più italiani, più cristiani: abbiamo amato il Paese più del solito, la sua peculiarità, la sua arte, la sua capacità di venir fuori da tutte le tragedie con la capacità di rinascere. Ci siamo rattristati per l’assenza della Messa, per il digiuno eucaristico. Le persone sembrano riscoprire la dimensione spirituale. Per qualcuno è una preghiera “laica”: la candela sulla finestra; per altri le preghiere tradizionali e le devozioni. A scuola di teologia le avevano un po’ derise perché “popolari”. Ma le devozioni hanno una duplice capacità: risvegliare la dimensione affettiva della preghiera. Affettività che si rivolge al Santo vedendolo come uno “zio” che protegge; alla Vergine come “Mamma” a cui rivolgersi nel bisogno; a Gesù perché abbia pietà e misericordia di ciascuno. Le devozioni fanno poi crescere la solidarietà, la comunione. Pensiamo alla nuova risonanza che hanno oggi parole come: “Abbi misericordia di noi e del mondo intero”, quando preghiamo la Coroncina delle Divina Misericordia stiamo prendendoci cura del mondo, lo stiamo salvando inondandolo dell’amore di Cristo. E nel Rosario “Adesso e nell’ora della nostra morte” pensando a chi quell’ora la sta vivendo nella solitudine, senza una carezza, senza un conforto spirituale. E ancora i 100 requiem per le anime del purgatorio: intercedendo per i defunti senza funerale. L’essere costretti in casa ci fa comprendere il mistero della vita claustrale: quello che per noi è un obbligo, per alcune persone è una vocazione. La convivenza fa riscoprire la famiglia e la possibilità di pregare insieme, magari seguendo la Messa della Parrocchia e il rosario del Vescovo. Abbiamo sempre da imparare.