Cristiani in un mondo che non lo è più
Il cambiamento culturale in atto, ormai da molti decenni, ha messo in crisi la Chiesa. “Cristiani in un mondo che non lo è +”, il testo di Jozef De Kesel pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, riesce a offrire spunti di riflessione con uno spirito di realismo ma anche con fede e fiducia. Partiamo da una premessa. La Chiesa ha già vissuto altre crisi. Non sempre le ha superate. Rappresentano comunque un’opportunità per ritornare all’essenziale. Sarebbe ingeneroso affermare che stia scomparendo, basti pensare che in alcune zone del mondo (vedi alla voce Asia) il cristianesimo è in ascesa. In un mondo secolarizzato c’è spazio per credenze diverse. Non c’è più, ovviamente, il monopolio di religione culturale. “La Chiesa è chiamata a compiere la sua missione nel mondo, non necessariamente in un mondo cristiano”.
Se guardiamo all’Occidente, in gioco non c’è il confronto/scontro con altre religioni, ma piuttosto con una cultura che afferma che la religione è qualcosa di facoltativo. Torniamo ai fondamentali. La relazione tra Dio e l’uomo è una relazione d’amore. “Il mistero dell’incarnazione di Dio, per quanto originale, può essere compreso solo nella scia della fede biblica in un Dio dell’Alleanza, un Dio alla ricerca dell’uomo. Un Dio con un amore così grande da voler essere non solo con noi, ma anche come noi”. Proviamo a guardare alla nostra vita. Se l’invito all’umanità e alla fratellanza universale fa parte dell’essenza del cristianesimo e della stessa tradizione biblica, dovremmo poterlo constatare nei nostri comportamenti e nelle nostre azioni. Il Vangelo coinvolge la nostra vita personale, sia familiare sia professionale, ma ha anche un impatto sociale (“non viviamo ognuno per sè. L’uomo è un essere sociale chiamato alla solidarietà”).
Ecco perché non coinvolge solo la dimensione religiosa della nostra esistenza. La fede e l’amore presuppongono la libertà. Dio, come scrive l’Apocalisse, bussa alla porta. La preghiera è una delle ragioni che spiegano il senso e la missione della Chiesa, che è luogo di preghiera personale, ma soprattutto comunitaria. Ma la missione della Chiesa non si limita all’ascolto della Parola. Dio si sente a casa dove ritrova “qualcosa del proprio stile”. La Chiesa, per citare Francesco, deve saper uscire dalle proprie comodità. “Il Vangelo è parola di vita reale. Una parola che riguarda l’uomo e la sua felicità, il mondo e il suo futuro. Non è un club di persone che hanno lo stesso credo e nemmeno una setta. Condivide le gioie e i dolori degli uomini, rimane sempre collegata al mondo”. Il problema, come annotò sempre Francesco a Rabat in Marocco nel 2019, non è essere poco numerosi, ma essere insignificanti. La Chiesa esiste per far conoscere l’amore di Dio. “Come sacramento è segno e strumento. Parla e agisce, prega e celebra la liturgia, è vicina a chi è nel bisogno, vive e percepisce le gioie e i dolori di questo mondo e si impegna per realizzare una società più giusta e umana”. De Kesel, alla fine, indica le vie per il futuro. La Chiesa di domani sarà più umile di cuore, mite e misericordiosa, operatrice di pace. Sarà anche più piccola e dovrà essere accogliente. Più professante, cioè in grado di mostrare ciò che rappresenta. Aperta al mondo, aperta a chi è in ricerca, accogliente, solidale con gli uomini e le donne del suo tempo. La Chiesa di domani parteciperà al dibattito pubblico e saprà essere ancora profetica?