Corpus Domini
Ecco, ogni giorno egli si umilia (Fil 2,8), come quando dalle sedi regali (Sap 18,15) scese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in umili apparenze; ogni giorno discende dal seno del Padre (Gv 1,18; 6,38) sull’altare nelle mani del sacerdote. Questo brano è un passo dell’Ammonizione I di San Francesco d’Assisi. Nei suoi scritti, il Poverello, quando parla di Gesù evidenzia sempre i due temi dell’umiltà e della povertà, aspetti contemplati nella nascita insieme a Maria “vergine poverella” nella Passione e nell’Eucaristia. In un altro testo san Francesco scrive: O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Gesù rimane con noi fino alla fine del mondo nel nascondimento, nella povertà e nell’umiltà. Si nasconde nella Chiesa che dà il meglio di sé quando “cammina poverella” (San Paolo VI), quando si mette il grembiale (Mons. Tonino Bello), quando è scalza (Ernesto Olivero), quando è perseguitata e insanguinata. L’Eucaristia ha una forte valenza politica: Gesù, re del cielo e della terra governa il mondo in silenzio, senza proclami, amando sino alla fine. Ci trasmette la sua idea sull’economia: “prese, rese grazie, spezzò, diede”. In un’epoca così attenta alle cose esteriori: la cultura dell’apparire, della continua esposizione sui social, Gesù ci ricorda che “l’essenziale è invisibile agli occhi” (Antonie de Saint’Exupéry) ed è riconoscibile solo dalla fede. Sullo schermo del Pc ho lasciato l’immagine di un ragazzo africano morto nel Mediterraneo, senza nome. Anche questo è Corpus Christi, Corpus Domini: nella sua povertà e nella sua umiltà di non avere un nome, Cristo come si “nasconde in poca apparenza di pane” si nasconde anche nel povero, nell’abbandonato. E quando noi disprezziamo quelle persone, le calcoliamo come numeri, senza saperlo disprezziamo il Corpo del Signore. In questi giorni è in programmazione un film intitolato “Corpus Christi”: il regista è il polacco Jan Komasa. Un film spiazzante e crudele. Ad un certo punto il protagonista dice: “Perdonare non è dimenticare. Perdonare è amare”. Solo questa affermazione vale il prezzo del biglietto. Noi facciamo memoria non del fatto che Dio ha dimenticato i nostri peccati ma che ci ha amati fino a morire sulla Croce e lasciandoci nel suo Corpo, l’Eucaristia, il memoriale di questo amore smisurato.