Conoscere per capire
In preparazione della 106ª giornata mondiale del migrante e del rifugiato, la Parrocchia della Stocchetta ha presentato il libro di Franco Valenti: “Migrazioni in Italia e nel mondo”. Finite le elezioni, parliamo del migrante con imparzialità, slegati dagli interessi elettorali dei partiti, leggendo il fenomeno della mobilità verso l’Italia e l’Europa con un metodo oggettivo. Per elaborare politiche reali e vantaggiose, occorre prediligere una valutazione attenta dei dati economici, demografici e di sostenibilità socio-politica dell’attuale sistema Europa, soprattutto per far sì che l’Europa stessa non comprometta il proprio futuro. Prescindendo dalle valutazioni politiche dell’autore, chiaramente opinabili, il libro offre dati oggettivi sugli elementi strutturali delle migrazioni, che superano e generano le emergenze. In particolare Valenti offre elementi scientifici delle dinamiche migratorie che interessano i due Continenti a noi vicini, Asia e Africa: il “Continente giallo”, forte di una nuova potenza economica in sviluppo e di un capitale umano in crescita, salvo alcune aeree in cui viene regolamentato; il “continente nero”, proprietario del 50% delle terre fertili del pianeta, ricchissimo di materie prime, con una popolazione inferiore a quella cinese, e con quella subsahariana con una media di età poco al di sotto dei 20 anni: un capitale umano giovane, che tende a non uscire dal Continente, ma che è protagonista di una forte mobilità interna. Tutto questo a fronte di un declino demografico dell’Europa, con la conseguente difficoltà a rapportarsi, per altro in ordine sparso, ai mercati e alle politiche internazionali. L’Europa rischia così di essere soffocata, anche economicamente, dall’abbraccio mortale dei due Continenti. La forza non è l’antidoto per fermare questa evoluzione irrefrenabile. Ci aiuta il Vangelo: “Qual è il re che, partendo per muovere guerra a un altro re, non si sieda a esaminare se con diecimila uomini può affrontare chi gli viene contro con ventimila? Se no, mentre quello è ancora lontano, gli manda un’ambasciata e chiede di trattare la pace”. Non è solo questione di misericordia e di umanità, pure essenziali: “trattare”, in vista di un’emigrazione, regolata a vantaggio di tutti, è anche un’ottima intuizione pratica. È chiaro che trattare vuol dire anche rinunciare a qualcosa da entrambe le parti. L’alternativa però è la guerra, che illude di poter avere tutto, ma poi lascia solo rovine, per tutti.