Come una buona maestra
Il tema dell’inclusione nella scuola, senza minimamente trascurare la realtà delle persone con handicap, coinvolge oggi altri soggetti
Nel dibattito sull’inclusione sociale nel nostro Paese è stata ricordata in questi giorni la legge 517 del 1987 che avviò il superamento di barriere, non solo architettoniche, per l’accesso delle persone con disabilità nella scuola. Sono trascorsi 40 anni e dopo quel primo atto si arrivò, nel 1992, alla legge 104 che segnò un passaggio normativo fondamentale per l’inclusione delle persone con handicap di diversa tipologia. Sono leggi che molti Paesi europei non vollero o non seppero fare. “Lo sforzo fatto dal nostro Paese – afferma Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – è enorme. Gli insegnanti di sostegno sono più di 130mila e la spesa annua si aggira sui 4 milioni di euro. Ma spesso l’inserimento dei disabili è solo sulla carta”. Il tema dell’inclusione nella scuola, senza minimamente trascurare la realtà delle persone con handicap, coinvolge oggi altri soggetti. Sono i figli di genitori immigrati le cui difficoltà sono prevalentemente dovute alla non conoscenza della nostra lingua, della nostra cultura, dei nostri comportamenti. È chiaro che l’inclusione degli immigrati nella scuola, come quella delle persone con handicap, non può essere lasciata solo ad alcuni insegnanti e tutta la comunità educante deve farsene carico.
È importante prendere atto, genitori compresi, che quattro o cinque pagine di storia in più non valgono la ricchezza che viene dall’incontro tra ragazzi diversi. E qui non solo torna l’attualità della legge del 1987 e la necessità di applicarla con maggior efficacia, ma è bene ammettere che l’esperienza che ha fatto maturare diventa un insegnamento prezioso per l’accoglienza di altre diversità. Per una crescita in umanità. Anche chi ha ideato le Sonderschulen (Scuole speciali o Scuole separate) della Germania si sta rendendo conto che la separatezza non aiuta una società a diventare più coesa e più sicura. La non accoglienza è una parola che non appartiene al vocabolario del futuro, al vocabolario delle nuove generazioni e, per questo, alcuni insegnanti e politici tedeschi vengono in Italia per capire come sia stato e sia possibile un insegnamento scolastico specifico ma non separato. La risposta è nell’esperienza maturata grazie alla legge che compie 40 anni e grazie a coloro che l’hanno tradotta in una grande pagina di civiltà. Oggi l’esperienza nata da una legge diventa “maestra di umanità” e invita a scrivere con la stessa intelligenza il capitolo dell’inclusione degli immigrati, piccoli e grandi, nella scuola.