Colpi di sole
La XVIII legislatura ci ha abituato alle sorprese, ai cambi di rotta, alle frasi dette e poi smentite, ai cambi di casacca, alle liti e agli innamoramenti repentini. L’ultimo colpo di scena, anche se era nell’aria da tempo, arriva dal fronte grillino che si è diviso e non in maniera indolore. Non intendiamo entrare nelle logiche interne, ma è sicuramente importante guardare allo scenario che si apre all’orizzonte. Citando il deputato del Partito Democratico, Alfredo Bazoli, “la perversa combinazione tra partiti senza identità, scarsa democrazia interna, personalismi smisurati, polverizza il quadro e fa molto male alla credibilità della politica”. Enrico Letta guarda al campo largo del centrosinistra, cioè a un terreno dove, potenzialmente, giocano più leader: Giuseppe Conte, Carlo Calenda, Matteo Renzi, Roberto Speranza/Bersani... Lo attende, viste le premesse, un’impresa ardua. Se è vero che Renzi e Calenda faticano a dialogare insieme, non si può certo dire che i due non abbiano già più volte dichiarato l’impossibilità di sedersi al tavolo con quel che resta dei Cinque Stelle. I pentastellati si ritrovano indeboliti elettoralmente, fagocitati dal Pd, ma soprattutto dall’azione di governo che, evidentemente, non li aiuta nella ricerca del consenso popolare. Del resto erano nati come forza antisistema, ma con il passare dei giorni sono caduti negli stessi errori che imputavano agli altri.
Li ricorderemo, insieme alla Lega, per il reddito di cittadinanza (così come è congegnato non funziona) e per il bonus del 110%, una misura iniqua i cui effetti li sconteremo nel lungo periodo. Che cosa è rimasto di un tema caro come la transizione ecologica? Lo stesso Letta deve guardarsi dall’ala democristiana del Pd che non ha gradito e non gradisce il corteggiamento al Movimento e il perseguimento dei diritti individuali come una priorità. Forza Italia con il fantasma di Berlusconi, che si agita ad ogni sconfitta elettorale, non sa bene in che direzione proseguire: Tajani (il più vicino al Cavaliere) guarda all’asse con il centrodestra, Gelmini, forse, a una reunion del centro con “Noi con l’Italia” di Maurizio Lupi, con il ministro Mara Carfagna e con Matteo Renzi, seguendo un po’ il tentativo sperimentato a Verona con il sostegno all’ex sindaco Flavio Tosi. Al centro (sembra quasi incredibile) si inserisce anche Luigi Di Maio. Non dorme notti tranquille neppure la Lega con Matteo Salvini: il segretario è criticato all’interno di via Bellerio, ma anche nella coalizione dove avanza con forza la leadership di Giorgia Meloni; la Lega ha provato anche l’Opa, l’Operazione di acquisto, di una vulnerabile Forza Italia. Sullo sfondo Mario Draghi che, complice l’elezione del Presidente della Repubblica, ha smarrito un po’ la bussola: ha partorito una riforma della Giustizia che poteva essere più ambiziosa; ha prorogato la politica dei bonus; ha scelto di non confrontarsi sul tema della guerra e dell’invio delle armi in Ucraina (“non ci faremo commissariare”), svilendo l’azione del Parlamento.