Clima: danni indotti
Il nord-ovest dell’Italia sta vivendo un evento climatico estremo. Una prolungata siccità, come in alcune aree non si viveva da trent’anni, sta mettendo a dura prova campi e riserve idriche, le produzioni agricole e quella di energia idroelettrica. Episodi siccitosi, così come precipitazioni troppo intense, ondate di calore e altri sconvolgimenti stagionali sono sempre esistiti, ma la loro frequenza è cresciuta e crescerà ancora con i cambiamenti climatici causati dal surriscaldamento globale. Facciamo bene a migliorare la consapevolezza sulla crisi climatica, a chiarire come stia rendendo più ricorrenti frane, inondazioni, siccità e incendi.
Tuttavia, la sua mitigazione dipende dagli sforzi internazionali, quindi anche e soprattutto da quelli dei nostri governi, per ridurre e tendenzialmente azzerare le emissioni climalteranti che quelle catastrofi hanno reso più intense e frequenti. Non fare abbastanza, o farlo troppo lentamente, come sta avvenendo, comporta la loro continua moltiplicazione. Ma ancora più importante è riconoscere con onestà e precisione il ruolo dei decisori locali per l’adattamento al cambiamento climatico. Attribuire a una causa globale, remota, i danni dei disastri naturali dirotta le responsabilità lontano dalle singole nazioni, addossandole ad imprese multinazionali o a Paesi lontani che diventano comodi capri espiatori. I danni indotti dal clima sono invece profondamente influenzati da politiche locali, come quelle che disciplinano la misura in cui il suolo viene edificato, l’agricoltura viene praticata, o che determinano la protezione del paesaggio naturale.
La competenza sul governo del territorio, quella per infrastrutture razionali e orientate alla prevenzione, quelle per la costruzione di efficienti sistemi di allerta, sono tutte strettamente locali. Inoltre, problemi strutturali nell’offerta locale di servizi pubblici, dell’istruzione e nella qualità della governance hanno tutti effetti cruciali sull’impatto delle calamità e pertanto non possono essere ignorati dalle politiche territoriali. La riduzione delle emissioni globali non altera in sé il rischio di dissesti locali, mentre la vulnerabilità dei territori e delle comunità lo influenza in misura determinante. Il cambiamento climatico è la più grande sfida della nostra epoca. Tuttavia, non possiamo consentire alla politica di addossare al solo surriscaldamento globale la responsabilità dei disastri naturali. Quelle dei decisori, e dei loro rappresentati, sono decisamente più rilevanti.