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Brescia
di + LUCIANO MONARI 29 mar 2016 00:00

Cieli e terra nuova. La gioia della Pasqua

Di fronte alla trasformazione del mondo, solo un atto di amore ha la capacità di sovvertire le logiche umane. L'editoriale del numero di Pasqua di "Voce" è a firma del vescovo Luciano Monari

Magnifico è il mondo che Dio ha creato: immenso nella sua estensione, misterioso nella sua composizione, vario nei suoi elementi, motivo di contemplazione e di stupore continuo da parte della persone attente. E però è un mondo destinato a morire; passeranno ancora miliardi di anni, ma poco alla volta questo mondo finirà. Potrà forse nascerne un altro al suo posto, ma in ogni modo sarà altro; il nostro, quello in cui siamo vissuti e che abbiamo costruito col nostro impegno finirà. È un racconto triste, malinconico, che potrebbe offuscare molti dei sogni che nutriamo. La conclusione rituale delle favole: “… e vissero tutti felici e contenti” appartiene appunto alle favole; il racconto della storia deve terminare: “… e tutto finirà in una quiete oscura di morte”. Eppure…; possibile che Dio abbia creato tutto questo per farlo ricadere nel nulla? Se all’inizio esiste solo il caso e la necessità, forse non si deve nemmeno porre la domanda. Ma se all’inizio sta un atto di amore consapevole, l’interrogativo è inevitabile. E l’unica risposta soddisfacente è quella della festa che celebriamo, la Pasqua. Pasqua è il passaggio di un frammento di mondo da questo mondo destinato a perire verso il mondo di Dio, che non perisce. Pasqua è l’affermazione di un misterioso cammino che libera dalla necessità della morte e introduce nella possibilità della vita. Ma è un racconto credibile?

Siamo ormai abituati a raccontare il mondo in forma storica: il big bang all’inizio, la formazione progressiva di atomi e di molecole sempre più complessi, le nebulose, le galassie, le stelle, i pianeti… Poi su uno (?) dei pianeti la formazione di macromolecole, delle prime forme di vita, di forme sempre più complesse: piante, animali, uomo. Che con l’uomo sorga qualcosa di straordinariamente nuovo, non dovrebbe essere dubbio se si considera ciò che l’uomo ha fatto (e può fare) in bene e in male. C’è un essere capace non solo di vivere, ma di modificare, poco o tanto, l’ambiente in cui vive, gli altri esseri viventi, se stesso; capace di scegliere tra opzioni diverse e quindi tra immagini diverse del mondo da favorire e costruire progressivamente.

Ebbene, la Pasqua dice che in questo sviluppo e trasformazione del mondo, si crea qualcosa che non è più sottomesso al degrado, ma che si proietta in un futuro senza termine. Che cosa? La risposta suona semplice: l’amore. Quando l’uomo riesce a porre un atto autentico di amore, pone un atto che non ha la sua spiegazione all’interno del mondo e che non tende solo al successo nel mondo; pone qualcosa che supera l’istinto di autodifesa e scommette su qualcosa che non ha riscontro nel tempo. Nel corso di una decimazione, un prigioniero, risparmiato dalla conta, si offre come condannato a morte al posto di un altro prigioniero, padre di famiglia, che la conta aveva invece colpito.

Come valutare questo gesto? Sensato (perché ha prodotto del bene) o insensato (perché ha scelto la morte)? All’interno di un mondo chiuso e destinato a perire, un gesto del genere appare razionalmente ingiustificabile; nel contesto di un mondo aperto e destinato alla risurrezione, un gesto del genere appare il più saggio e creativo che si possa immaginare. La Pasqua dice esattamente questo: ogni gesto di amore gratuito posto all’interno di questo mondo afferma implicitamente l’esistenza di un contesto più ampio (oltre questo mondo); anzi è un gesto che appartiene a questo mondo più grande nel quale l’amore non è più un’eccezione irrazionale, ma una legge coerente e costante. È il mondo di Dio.
+ LUCIANO MONARI 29 mar 2016 00:00