Cavalli e l'attimo di Vangelo
Il buon Ferdinando Cavalli, che gli anni li contava senza mai considerarli un peso, se n’è andato verso “l’amato Cielo”
Il buon Ferdinando Cavalli, che gli anni li contava senza mai considerarli un peso, se n’è andato verso “l’amato Cielo”. Dall’alto dei suoi quasi novant’anni (li avrebbe raggiunti il 26 giugno prossimo e per l’occasione aveva già in mente un discorsetto da fare a figli, parenti e amici) Ferdinando era convinto che un giorno in più da vivere era un giorno in più dato alla buona causa del bene condiviso e mai esibito. E questo gli bastava per dire ai giovani frettolosi di conquistare subito e senza troppa fatica un posto al sole, di provare “l’ebbrezza della pazienza: quella che consente di vedere oltre le difficoltà immediate così da avventurarsi nella vita avendo rispetto per le proprie capacità e anche per le proprie debolezze”. Nato e vissuto a Brescia, dopo la laurea in ingegneria elettrotecnica, Ferdinando Cavalli ha messo la sua professionalità al servizio di diverse aziende di primaria importanza aggiungendo al ruolo direttivo e manageriale quel “soffio d’anima” capace di umanizzare il lavoro. Cristiano convinto, Ferdinando metteva in ogni azione e in qualsiasi decisione riguardante i lavoratori alle sue dipendenze.
“Un attimo di vangelo: buono – diceva – per vedere la soluzione migliore, quella più rispettosa dei diritti di ciascuno”. Il suo era un modo singolare di intendere il ruolo del capo, forse poco adatto alla frenesia dell’avere tutto e subito, ma certamente l’unico in grado di mettere d’accordo etica e profitto. Di questo modo di procedere riempì le pagine del programma con cui accettò la presidenza dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti e che miravano a inculcare negli associati il dovere di operare per lo sviluppo sostenibile. “Non credo sia necessario fare chissà che cosa per dare senso e sostanza all’umanesimo invocato dal nostro grande concittadino Papa Paolo VI – disse un giorno al cronista che lo intervistava –. Basta seguirne lo spirito: che chiede fiducia e amore nel prossimo; che vuole per ciascuno pari dignità e pari opportunità; che sollecita accoglienza e condivisione; che spezza il pane e lo distribuisce con gioia”. Di queste che lui definiva “misure minime di solidarietà e carità intelligente” portò i segni, fin dal primo giorno di vita, nel Consiglio pastorale diocesano e poi in ogni incarico che gli veniva richiesto, dentro e fuori l’ambito ecclesiale. Ferdinando Cavalli lascia esempi e testimonianze da utilizzare nel caso in cui al personale interesse si voglia anteporre il bene della comunità.