Carissimo Aladino
Carissimo Aladino, anch’io, come te, possiedo una lampada speciale. Mi è stata donata in occasione del Battesimo. Ho ricevuto una nuova vita quel giorno e tante indicazioni per viverla. Solo più tardi mi sono accorta di quella lampada lasciata in un angolo, nella cavità più profonda del mio essere.
Ero lì lì per sbarazzarmene, tanto era vecchia, ricoperta di polvere e inutile, quando ho letto la tua storia. Mi hai fatto visita, lasciandomi una felice intuizione e te ne sei andato da qualcun altro e ancora stai passando porta a porta a promuovere il tuo prodotto. Che è molto utile, lascia che te lo dica, mio caro sponsor di luce. Non si tratta certo di avere geni e genietti che ti girano per casa, ma di lasciare semplicemente che quella lampada illumini le Parole della Vita Nuova scritte dall’inizio in noi. E lo fa. Eccome se lo fa. Non è certo opera della magia, ma sicuramente ha a che fare con il Soprannaturale. Per me che lo credo, con Dio.
Rimango ogni volta divinamente sorpresa quando, leggendo la Sacra Scrittura, una Parola improvvisamente si accende sotto i miei occhi e mi cattura letteralmente nel suo mondo che riconosco come il mio, come quello che all’inizio mi era stato promesso. È come se dentro di me una cellula venisse fecondata, una parola incompiuta trovasse il suo significato e la Vita Nuova potesse finalmente esplodere, grazie anche a quella lampada, che con la sua timida luce orienta le sillabe della mia umanità verso la loro pienezza.
Un esempio? Leggo: “Passai vicino a te e ti vidi” (Ez 16, 9). Il versetto si accende e una parola dentro di me si illumina: “so-la”, un connubio perfetto, una gioia indescrivibile, una festa di nozze. Chi ha compiuto il primo passo? Luce o fuoco? Non lo so, ma mi basta gustarne il sapore, sentirne il calore e riconoscermi figlia amata, vita povera, piccola, nascosta, ma bella agli occhi di Chi l’ha creata e la vuole felice. Ormai rapita, proseguo la lettura: “Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Strinsi alleanza con te e divenisti mia” (Ez 16, 8). Il versetto si accende e le sillabe si illuminano: “spo-sa”.
La memoria, grata, corre al mio sì di venticinque anni fa e il cuore trabocca di amore. Lo chiamo ancora “amore”, perché ne conserva i tratti dell’unicità e della novità, ma, appunto perché nuovo, è anche diverso. Oggi c’è più aria di casa, di piccole consuetudini e ripetute liturgie, di innumerevoli partenze e ritorni, di gente seduta alla nostra tavola, di volti che non vedo più e di sorrisi e lacrime da accogliere e asciugare, dipingere e consolare. Con la sola luce di una vecchia lampada, che posso decisamente chiamare fede.