Carissima Cenerentola
Carissima Cenerentola, che di me sei la polvere resa vivente dal soffio del Creatore, ti scrivo sentendo ancora sul capo la sensazione di quella sbriciolata di cenere che due settimane fa ho ricevuto sulla testa. Eri tu, capo chino, il viso imbrattato di fuliggine, curva sotto il peso di una colpa che gridava più del peccato commesso. Avanzavi in fila con i penitenti di ogni tempo, cantando sommessamente il miserere. Quello sì, avresti dovuto gridarlo, per la potenza di misericordia contenuta in quelle parole, non la voce delle colpe di altri che credevi tue e che continuano a distruggere la mia e tua dignità. Smettila, Cenerentola, di chiedere la vita alla tomba di tua madre, convinta che, con la sua, anche la tua vita sia finita. Mi capita di incontrare chi, come te, continua a fare dei sepolcri la sua dimora. Sono vite spente, maltrattate, ferite, gente che si avvoltola nella cenere del passato e affida ai sogni il proprio futuro, perché al presente deve chiedere il permesso di esistere, abituata com’è agli abusi dei prepotenti. Tra i sepolcri vivono gli spiriti impuri, che Gesù smaschera e allontana dagli uomini. Non fanno del male a nessuno, se non a se stessi e questo Gesù non lo permette.
Non siamo liberi di infliggerci altre sofferenze, oltre a quelle che abbiamo.
Siamo polvere, cenere, certo, ma terra sacra tenuta tra le mani con estrema delicatezza nientemeno che dal Creatore dell’universo. E tu, un giorno, giunta al limite delle forze, sbattuta a terra come un cencio, l’hai capito. Hai sentito crepitare sotto di te un fuoco di brace che, pian piano ha scaldato il tuo corpo, dato ossigeno al tuo cuore e fiato ai tuoi polmoni. “Ho sangue regale”, hai mormorato e ripetuto tante e tante volte, fino a crederlo per davvero. Mi commuovo ogni volta che penso alla festa di tre giorni organizzata dal re perché il figlio scegliesse la sua sposa. Ti è bastato pensare che ne eri degna e il tuo corpo e i tuoi abiti si sono trasfigurati facendo di te quella splendida ballerina che ha incantato il principe. Eri sempre tu, “la cenerentola” di casa, ma la tua cenere infiammata dalla scintilla/soffio di Dio, ha provato a volersi bene e… dopo tre giorni e tre balli, attimi di luce alternati al sospetto che “nessuno potrà mai amarci, sporche come siamo”, finalmente, il terzo giorno, ti sei lavata il viso e ti sei presentata al principe. È stata la sua ostinazione a salvarci, lo sappiamo entrambe. “Non avete un’altra figlia? La voglio assolutamente vedere”. Eccoci! “Questa è la vera sposa”. Ed egli la mise delicatamente sul suo cavallo e se ne andò con lei. “Saran cenere, ma cenere innamorata” (F. De Quevedo).