Cari bresciani, apriamo le porte
Il dramma della guerra è entrato nelle nostre case. Ci colpiscono le immagini delle città distrutte e la fuga della popolazione ucraina. Madri e figli in cammino senza i padri costretti a combattere. La guerra, e l’ha ricordato anche il Papa all’Angelus di domenica 6 marzo, è una pazzia. Lo vediamo ogni giorno. E noi, concretamente, cosa possiamo fare? Di fronte a quanto sta succedendo, rinnovo l’invito alla preghiera per la pace. So che in molte case e in molte parrocchie si prega per la pace che rimane sempre un dono di Gesù: “Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace”. La pace, affermava don Tonino Bello, “è soprattutto dono che viene dall’alto. È la strenna pasquale che Gesù ha fatto alla terra”. Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli Tutti” scrive di prendersi cura “della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano”. Invito tutti a farsi carico delle difficoltà di questa gente che ha perso tutto ma non la speranza di trovare dei volti accoglienti nelle nostre comunità.
La Caritas Diocesana si è messa in moto per reperire spazi e alloggi. Care parrocchie e cari cittadini bresciani, aprite le vostre porte, create una rete solidale. Chi ha dei locali a disposizione, contatti la Caritas o i Servizi Sociali del proprio Comune. Non dobbiamo lasciare nulla di intentato. Abbiamo da poco iniziato la Quaresima che ci richiama alla mente i quaranta giorni di digiuno vissuti dal Signore nel deserto; è un cammino di intenso allenamento spirituale per intensificare ciò che nutre l’anima aprendola all’amore di Dio e del prossimo. Molte persone si sono già attivate. Facciamo attenzione a non disperdere le energie e le risorse. Oggi è complicato, visto il contesto bellico, consegnare in loco generi alimentari e medicinali. Condivido la scelta di Caritas di promuovere una raccolta fondi per gestire la fase emergenziale, aiutando le realtà che operano al confine con l’Ucraina, e per accompagnare l’accoglienza sul nostro territorio che potrebbe non essere di breve durata. Concludo con le parole riprese da “Tu non uccidere” di don Primo Mazzolari: “Se siamo un mondo senza pace, la colpa non è di questi e di quelli, ma di tutti. Se dopo venti secoli di Vangelo siamo un mondo senza pace, i cristiani devono avere la loro parte di colpa. (…) Se la colpa di un mondo senza pace è di tutti, e dei cristiani in modo particolare, l’opera della pace non può essere che un’opera comune, nella quale i cristiani devono avere un compito precipuo, come precipua è la loro responsabilità”.