Cara futura mamma...
C’è un video dal titolo “Dear Future Mom” in cui alcuni ragazzi disabili raccontano idealmente a una mamma che attende una figlia con sindrome di Down come potrà essere la vita della sua creatura
C’è un video dal titolo “Dear Future Mom” (“Cara futura mamma”), realizzato da CoorDown (Coordinamento nazionale delle associazione di persone con sindrome Down), in cui alcuni ragazzi disabili raccontano idealmente a una mamma che attende una figlia con sindrome di Down come potrà essere la vita della sua creatura. Nel video si rincorrono volti sorridenti che, senza fare mistero delle difficoltà che ogni giorno devono affrontare, spiegano con spontaneità che si può essere felici e condurre un’esistenza serena, fatta di relazioni e di indipendenza. La cosa non era piaciuta già nel 2014 al Consiglio Superiore dell’audiovisione (Csa) di Francia che aveva definito “inappropriato” trasmettere quel video negli spazi pubblicitari.
In realtà l’intendimento del Csa era e rimane quello di evitare che quelle immagini andassero e vadano a turbare la coscienza di donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto e fanno scelte diverse di vita personale, cioè hanno fatto e fanno ricorso all’aborto dopo aver avuto notizia della sindrome Down. Il Consiglio di Stato francese il 10 novembre, interpellato sulla decisione del Csa ha deciso che il video non potrà essere diffuso in tv come “pubblicità progresso” anche se ne ha riconosciuto “il contributo positivo alla lotta contro la stigmatizzazione delle persone con disabilità”. La sentenza ha cioè affermato, da un lato, di ritenere che la visione positiva della vita di giovani con sindrome di Down abbia un obiettivo di interesse generale, ma ha anche aggiunto che il Consiglio superiore dell’audiovisione ha agito correttamente nel dichiarare “inappropriato” quel video rispetto al regolamento in vigore in Francia sugli spazi pubblicitari televisivi che devono rispettare “l’interesse generale”. Da parte di CoorDown la replica è stata immediata: “Il Csa perde di vista il fatto che difendendo il diritto di scelta di alcune donne nega la libertà di espressione alla persone con sindrome Down, una libertà sancita anche dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità”.
Leggo questa notizia mentre all’ingresso di un centro de “La Nostra Famiglia” assisto a un via vai di mamme e papà con bimbi disabili in braccio o sulle carrozzine. Spettacolo che lascia senza parole per la bellezza e la tenerezza che comunica. Colpisce la distanza tra una sentenza e la realtà. Non interessa esprimere giudizi sul disegno di sviare una riflessione che diventa domanda sull’essere persone e sull’essere genitori rispetto a un male come la sindrome di Down. Coordown continuerà la sua battaglia contro la sentenza e sta raccogliendo firme a sostegno. Queste mamme e questi papà con i loro bimbi disabili che entrano ed escono da una casa, luogo dove qualcuno li prende a cuore, stanno combattendo la stessa battaglia.
È con loro anche quella maestra che ogni giorno a scuola è con tenerezza accanto a una bimba che comunica solo con gli occhi e che sorride quando sente un ritornello. Ai bordi della cronaca si scoprono dei “no” a una cultura che vorrebbe i disabili iscritti nell’elenco di quelli che infastidiscono perché bussano alla porta della coscienza magari attraverso un video che improvvisamente potrebbe comparire negli spazi pubblicitari.
È triste vedere cancellato l’appello, spontaneo e gioioso, a una mamma a rivedere la sua scelta di rinunciare a una vita che, nonostante l’annunciata sindrome Down, sarà bellissima e illuminerà altre vite. È triste, davvero molto triste che questo accada in un Paese fondato su libertà, uguaglianza e fraternità.