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Roma
di RENATO SACCO 07 nov 2024 14:46

C'è chi sceglie la pace

“I cristiani… abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera”. È un passo tratto dalla Lettera a Diogneto, del secondo secolo, autore anonimo. Un testo che apre il cuore e la mente. Di grande attualità anche oggi, anche se “vecchio” di quasi 2000 anni.

In tempi in cui sentiamo sempre più risuonare parole come patria, difesa dei confini, difesa della patria e così via… questa Lettera ci ricorda che la testimonianza cristiana non è etichettabile con nessuna patria. “Ogni patria per essi è terra straniera”. Lo dovremmo ricordare, almeno noi cristiani, davanti ad una campagna di chiusura e diffidenza se non razzismo nei confronti di chi arriva da altre ‘patrie’ e per questo considerato un pericolo per la “nostra patria”. Ci si vanta con orgoglio di aver difeso i confini da questi invasori. Tutto per la difesa della patria. Ma è questo il giusto modo di “difendere” la propria patria?

A dare la giusta interpretazione ci aiuta la giornata del 4 novembre, giorno in cui si pose fine alle ostilità della Prima guerra mondiale. Un conflitto che provocò 650.000 morti, solo tra gli italiani, spesso considerati eroi e difensori della patria, in una pericolosa retorica della guerra, che sentiamo risuonare sempre di più. Si dimentica però che quella guerra – come tutte le altre – non fu certo di difesa, come anche quella in Iraq o in Afghanistan. Spesso però la retorica sulla guerra così come quella costruita sulla patria da difendere rischia di cancellare anche la verità. Emblematiche le agghiaccianti parole del generale Cadorna: “Le sole munizioni che non mi mancano sono gli uomini” e ancora: “Il superiore ha il sacro potere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti ed i vigliacchi”.

E il fatto che sia stato il Pontefice, all’Angelus, commentando il Vangelo del giorno e rilanciando il suo appello per la pace nel mondo a lodare nostra Costituzione italiana lì dove all’art.11 che “L’Italia ripudia la guerra…” deve farci riflettere oltre che porre qualche domanda sul livello di coscienza politica di fronte alla tragedia della guerra.

Ci può aiutare anche don Lorenzo Milani, nella sua lettera ai cappellani militari, 1965: “Poi siamo al ‘14. L’Italia aggredì l’Austria con cui questa volta era alleata. Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una ‘inutile strage’? (l’espressione non è d’un vile obiettore di coscienza ma d’un Papa canonizzato)”.

Alla luce di queste parole dovremmo allora riconsiderare anche la testimonianza di chi rifiuta di “difendere la Patria” scegliendo di non arruolarsi per la guerra.

In passato come oggi. Da San Massimiliano di Tebessa, martire, ucciso 12 marzo 295 e venerato come patrono degli obiettori di coscienza. A Josef Mayr-Nusser, di Bolzano, 24 febbraio 1945, venerato come beato e martire, vittima del nazismo. A Franz Jägerstätter, ucciso il 9 agosto 1943, proclamato beato da Benedetto XVI. Di lui ha detto Papa Francesco rivolgendosi ai giovani il 6 luglio 2022: “Franz era un giovane contadino austriaco che, a motivo della sua fede cattolica, fece obiezione di coscienza di fronte all’ingiunzione di giurare fedeltà a Hitler e di andare in guerra… Franz preferì farsi uccidere che uccidere. Riteneva la guerra totalmente ingiustificata. Se tutti i giovani chiamati alle armi avessero fatto come lui, Hitler non avrebbe potuto realizzare i suoi piani diabolici. Il male per vincere ha bisogno di complici”.

Una testimonianza che oggi viene data da tanti obiettori in Israele, Russia, Bielorussia, Ucraina…

Ho conosciuto personalmente a Kiev nel 2022 Yuri Sheliazenko, Kateryna Lanko e altri membri tutti appartenenti al movimento pacifista e nonviolento ucraino. Sono accusati di essere traditori, di non amare la propria patria, così come Daria giovane russa e la sua coetanea Olga della Bielorussia. E con loro tanti altri uomini e donne che amano il proprio Paese, la propria gente ma che hanno scelto di non arruolarsi per difendere una “patria” che chiede a loro di uccidere, di fare la guerra in nome di un valore assoluto, talvolta anche divino, come la Patria stessa. Incontrarli, anche qui in Italia, ascoltare la loro testimonianza sofferta, a rischio della propria vita, ma serena e piena di lotta e speranza per un mondo di pace, conferma che quanto scriveva secoli fa Diogneto confermando al tempo stesso che quel tipo di scelta di vita è possibile, anzi doverosa:

“I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti… Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera”.


@Foto Vatican Media/Sir

RENATO SACCO 07 nov 2024 14:46