Bassetti, un amico dei giovani
Ha l’accoglienza originaria, senza tanti fronzoli ma capace di metterti a tuo agio
“Dove lo vedi uno spettacolo così?... Dico non solo qui, ma su tutta la faccia della terra?”. Le parole del Cardinale Bassetti arrivano puntuali e dirette. Stiamo camminando insieme, a sostegno l’uno dell’altro, percorrendo la salita che dalla Basilica Inferiore di San Francesco porta al prato che si affaccia di fronte a quella Superiore. Siamo proprio sul punto più prospettico, in una serata di inizio settembre che è già oltre l’imbrunire, con le campane che suonano a festa nella loro maestosità e che riecheggiano giù giù, fino a Santa Maria degli Angeli. L’occasione è l’Happening nazionale degli oratori, in quei giorni ad Assisi. Dopo una fiaccolata con i circa 1500 partecipanti ci stiamo avviando verso la Basilica di San Francesco per la Messa, presieduta appunto dal Cardinale. Ha la battuta facile, da buon toscano (qualcuno dice che l’epiteto “Banda Bassetti” l’abbia inventato lui…). Ha l’accoglienza originaria, senza tanti fronzoli ma capace di metterti a tuo agio (pranzare con lui è un piacere di famiglia). Ha l’essenzialità immediata, che intuisce la sostanza. Ha la schiettezza di dire pane al pane e vino al vino. Si presenta più come amico che come Cardinale, ma non rinuncia ad essere né l’uno né l’altro.
Mi aveva colpito nei giorni di Assisi la sua capacità di rimanere se stesso, sia che parlasse con il Ministro dell’Istruzione (ospite degli oratori, invitato da lui), sia che si rivolgesse ai singoli giovani presenti, curiosando negli stand allestiti, facendo domande pertinenti e furbe. Nella conferenza stampa finale mi sono appuntato le sue riflessioni: “Vorrei sottolineare l’importanza oggi degli oratori, perché ci sono anche delle false idee. Si pensa siano un luogo di accoglienza per far divertire i ragazzi oppure per aiutare le famiglie perché sia impiegato bene il tempo libero dei ragazzi. L’oratorio oggi è una realtà molto più profonda ed esigente. È una realtà pastorale, è una realtà culturale, è una realtà caritativa, è una realtà formativa ed è veramente una palestra sia per i ragazzi più grandi, i formatori, e sia per coloro che ricevono questa formazione. È una realtà coinvolgente l’oratorio oggi perché assorbe le famiglie, perché assorbe tante energie della parrocchia. L’oratorio è veramente fatto da tanti attori, da tanti soggetti, ma nessuno è oggetto che riceve e basta e tutti diventano soggetti, cominciando anche dai ragazzi più piccoli”. E si diceva contento che, nel campo dell’oratorio, l’Umbria, realtà numericamente piccola, fosse all’avanguardia molto più di altre regioni (nell’Università degli Studi di Perugia è stato aperto un Corso di perfezionamento sull’oratorio, caso unico in Italia). Lo contraddistingue questo suo modo di ragionare pacato e coinvolgente, conciliante e intuitivo, pacifico e concreto. Per dirla con il Papa: più ponte che muro.
Non so cosa bisogna augurare a uno che diventa presidente dei Vescovi. Probabilmente di restare così, semplice e “improvvisatore”, come lui stesso si è definito. Oppure di non perdere il sorriso, perché è proprio di un uomo evangelico non farsi rubare la serenità dal peso della responsabilità e dai problemi. O, ancora, di non rinunciare ad indicarci la bellezza della Chiesa che ci circonda, che ci avvolge, che ci accompagna. Forse l’ho capito solo ora, ma penso proprio che, quella sera, il Cardinale non parlasse dello spettacolo della Basilica di Assisi, ma dei ragazzi che ci entravano.