Bambini fragili e competitivi
È arrivato anche il mese di settembre, da sempre periodo di nuovi inizi e di ripartenze. In molti siamo alle prese con i preparativi per la scuola, lo sport, il catechismo. Settembre è carico di buoni propositi, ha un po’ il sapore di gennaio. Voglio iniziare questo settembre con un buon proposito, da lanciare a tutti gli adulti impegnati a vario titolo con i bambini: come genitori, nonni, insegnanti, educatori, catechisti, allenatori.
Proviamo ad educare i bambini all’autonomia, a sostenerli nella loro autonomia. Ma cos’è l’educazione all’autonomia? L’educazione all’autonomia si configura come un accompagnamento del bambino nel graduale passaggio da forme di assoluta dipendenza dal contesto esterno a forme di autodeterminazione, vuol dire educare il bambino a fare da solo. Come si realizza l’autonomia? Essa si realizza sempre in un ambiente relazionale, è perciò fondamentale predisporre occasioni che sollecitino il bambino a sperimentarla. L’autonomia, infatti, si conquista solo con l’autonomia ed è attraverso di essa che il bambino scopre cosa è in grado di fare, le sue abilità.
Oggi all’autonomia dei bambini si contrappone la protezione e il controllo. Spesso, infatti, noi adulti non incoraggiamo, ostacoliamo l’autonomia dei bambini in nome di un amore protettivo, che molte volte frena la tensione esplorativa del minore, il quale non è in grado di percepirsi in grado di fare da solo. Tutto ciò ha ricadute anche sull’educazione familiare, che risulta essere sempre più orientata sul versante affettivo a discapito di quello normativo. Si ha a che fare con genitori che adottano uno stile iperprotettivo, detti i “genitori elicottero”. Si tratta di genitori che controllano costantemente la vita dei figli, tutelandoli e preservandoli da situazioni spiacevoli, complesse, evitando loro le frustrazioni e gli insuccessi, con il rischio di crescere bambini piccoli-adulti: efficienti, competitivi ma assolutamente fragili.
Educare all’autonomia, dunque, vuol dire educare al rischio, all’incertezza, alla sconfitta, preparando i minori ad affrontare le avversità della vita, nella consapevolezza che siamo tutti a rischio e che non possiamo garantire ai bambini un mondo sicuro e certo. Proviamo a partire da qui, creiamo le condizioni affinché i bambini possano fare da soli, facciamoci da parte, solo così essi potranno scoprire i loro talenti, facciamoli fare, sperimentare, provare, cadere, sporcarsi, allontaniamoci dalla nostra esigenza di controllo. Inoltre, proviamo ad educarli all’incertezza, che rimane l’unica cosa certa ai nostri giorni.