Baby gang made in Brescia?
Senz’altro non è solo attraverso il premio o l’incoraggiamento che è possibile correggere comportamenti sbagliati. Certamente una presenza attiva dell’adulto e dell’educatore è presupposto fondamentale e la punizione da sola non ha il potere di correggere laddove la presenza manca
Mentre la cronaca si infittisce di racconti di pestaggi e vandalismi compiuti da minorenni, Maria de Filippi, il cui fiuto per l’interesse del pubblico è indubitabile, decide di punire quattro giovani “artisti” di “Amici” con la sospensione dal programma e alcune giornate di lavori socialmente utili. Bersaglio colpito: dopo la punizione, immortalata immancabilmente da giornali e tv, il dibattito si è acceso. L’occasione per riflettere sui nostri preadolescenti e adolescenti è propizia: le baby gang non sono solo a Napoli, il bullismo non è solo nelle scuole delle grandi città, anche nei nostri paesi, nelle scuole della provincia e nei nostri oratori non è sempre facile gestire e affrontare con coraggio alcune dinamiche “a rischio” che vedono coinvolti i minori. Mi permetto di proporre due elementi di riflessione – tra i tanti – che vale la pena considerare.
Sento dire sempre più spesso da alcuni “esperti” che i genitori iniziano ad educare nella preadolescenza. Non sono d’accordo. L’immagine dell’infanzia come di una traversata calma di genitori e figli mano nella mano interrotta bruscamente dalle potenza infingarda delle forze dell’adolescenza è una stupida semplificazione. È vero, l’adolescenza è un grande cambiamento ma l’infanzia è il luogo nel quale i figli sperimentano il senso, l’affidabilità e la serietà dei limiti (che poi vorranno superare); è il luogo nel quale – dentro i contesti di gruppo (scuola, catechismo, sport, vita informale dell’oratorio) – è possibile fare esperienza del valore del lavoro cooperativo, dell’importanza dell’inclusione (degli ultimi, dei diversi). Poi verrà la preadolescenza ma queste sicurezze personali e competenze sociali o si sono formate e acquisite oppure chiederanno anni per potersi costituire. E poi: si può punire? È giusto farlo? Serve a qualcosa? L’argomento è serio.
Senz’altro non è solo attraverso il premio o l’incoraggiamento che è possibile correggere comportamenti sbagliati. Certamente una presenza attiva dell’adulto e dell’educatore è presupposto fondamentale e la punizione da sola non ha il potere di correggere laddove la presenza manca. Eppure è necessario prendere sul serio alcuni comportamenti, è necessario – da parte degli adulti – saperli sanzionare; è necessario poi riprendere in mano il rapporto con i ragazzi perché – una volta conclusa la rivendicazione emotiva di torti e ragioni – possano trovare qualcuno che li aiuti a rileggere i propri comportamenti.