Asia Bibi e i pakistani
Ho il dovere, che mi viene dal Vangelo,, di chiedere umilmente e gentilmente, ma con forza, ai più di undicimila pakistani che vivono nella nostra provincia: “Fate sentire la vostra voce in pubblico in favore di Asia Bibi"
Il primo novembre leggevo l’articolo di “Avvenire”: “Giustizia per Asia Bibi nove anni dopo”; la corte suprema pakistana aveva finalmente e definitivamente dichiarata innocente la giovane mamma Asia Bibi, rea di essersi fatta cristiana e accusata, quindi, di “blasfemia”, reato per cui è prevista la pena di morte. La mia gioia è durata poco; i fondamentalisti islamici hanno inscenato manifestazioni, l’avvocato è dovuto fuggire e Bibi non è stata liberata e i fondamentalisti hanno ottenuto la revisione della sentenza. Ho rivissuto una parte importante della mia vita, insieme a un misto di rabbia, dolore, scoraggiamento e speranza: io c’ero sopra e sotto la gru, per lunghi giorni, a difendere i diritti di alcuni ragazzi, facendo il possibile perché le loro vite fossero tutelate: non mi interessava la loro religione, né ho nulla contro l’islam, al punto che la mia salute è in mano al mio ottimo medico di famiglia, il siriano e islamico Abdul Ajam Kader; io c’ero al “San Barnaba” quando il leader pakistano dei giovani della gru gridava che bisognava “non correggere, ma abolire” la legge che regola l’immigrazione in Italia: nessuno gli torse un capello, perché in Italia ci sono libertà di espressione e di religione. Non ho alcun diritto di chiedere un ricambio, perché, se anche avremo un’altra martire cristiana, vittima solo della sua fede, da aggiungersi per altro a Sana e Hina, vittime della voglia di libertà, io, come cristiano, sono “condannato” ad amare gratuitamente e ad esserci sempre, nel mio piccolo, a difendere la libertà degli immigrati. Ho però il dovere, che mi viene dal Vangelo, quello che lega la mia felicità alla mia “fame e sete di giustizia”, di chiedere umilmente e gentilmente, ma con forza, ai più di undicimila pakistani che vivono nella nostra provincia: “Fate sentire la vostra voce in pubblico in favore di Asia Bibi; chiedete la libertà di convertirsi ad altre religioni anche nel vostro Paese, e fate sapere al mondo che non può un uomo, che si innamora di una vostra donna, essere obbligato a convertirsi alla religione islamica per sposarla”. Vi segnalo, però, che se i veri cristiani, continueranno a rispettarvi, anche se voi ci perseguiterete nelle vostre terre, non so come reagirà la società italiana nel suo complesso: siamo già in forte difficoltà in questi tempi: un vostro segnale, chiaro e sincero, a favore dei diritti fondamentali della persona, è necessario per continuare una convivenza nel segno della verità e del reciproco rispetto.