Costituzione: l'art.10 dopo 70 anni
Luci e ombre del principio fondamentale della carta costituzionale che lega l'ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale
La nostra Costituzione repubblicana, dopo aver affermato il concetto di sovranità nazionale, voleva collocare l’Italia nel nuovo scenario internazionale: l’art. 10 della Carta dispone che l’ordinamento giuridico si adatti in modo automatico alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Queste ultime sono dunque considerate parte integrante del diritto della Repubblica.
Lo Stato italiano da un lato si riconosce membro della Comunità internazionale e dall’altro riconosce la specificità sia dell’ordinamento giuridico internazionale che di quello degli altri Stati democratici. In estrema sintesi, l’adeguamento automatico delle nostre leggi alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, riguarda esclusivamente i principi generali e le norme di carattere consuetudinario, mentre non comprende le norme pattizie contenute negli accordi internazionali, salvo alcuni casi.
Storicamente, la disposizione sull’adattamento automatico al diritto internazionale generale riprende la formulazione della Costituzione tedesca di Weimar, del 1919, e risponde all’aspirazione di allargare la base dei rapporti internazionali del nostro Paese, ridando legittimazione all’Italia dopo che l’alleanza con il Nazismo e la partecipazione tragica alla Seconda Guerra Mondiale avevano reso l’Italia uno “Stato nemico” agli occhi dei paesi liberi.
La disposizione di cui al terzo comma risulta poi particolarmente significativa. Al comma 3, infatti, l’articolo 10 enuncia che “lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Un’attenta analisi di questo comma deve porsi su una particolare questione. Iniziamo la disamina dalle condizioni che determinano la possibilità di ottenere questo diritto sul nostro suolo. La portata della protezione garantita dal nostro testo costituzionale è molto più ampia persino di quanto stabilito dalla Convezione di Ginevra del 1951, una serie di trattati cardine del diritto internazionale per quanto attiene ai rifugiati.
Mentre la Convenzione non impone l’obbligo di ammettere nel proprio territorio i richiedenti asilo e dà una definizione dello status di rifugiato strettamente collegata alla persecuzione personale (per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche), il nostro articolo 10, anche a causa della condizione di esule vissuta in prima persona da molti nostri padri costituenti durante il Fascismo, è stato scritto con l’intenzione chiara, adamantina, di offrire il diritto d’asilo a chiunque non goda nel proprio Paese delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione.
Le modalità di respingimento dei migranti verso la Libia, un paese non firmatario della Convenzione di Ginevra, purtroppo non sempre permette di accertare la presenza di persone che forse avrebbero diritto a qualche forma di protezione. Ciò ha spinto anche il Governo italiano a creare dei “corridoi umanitari” al fine di salvare in futuro sempre più vite umane, attraverso un protocollo tecnico con la Conferenza Episcopale Italiana, la Comunità di Sant’Egidio e altre organizzazioni non governative.