Armi e responsabilità sociale d'impresa
Da “fabbrica del disonore” a “baluardo della democrazia occidentali”. Così il vicedirettore de “La Repubblica”, Gianluca Di Feo, ha descritto l’evoluzione della Rwm Italia, azienda controllata dalla multinazionale tedesca degli armamenti Rheinmetall con sede legale a Ghedi e fabbrica a Domusnovas in Sardegna. Secondo il giornalista, il ritorno della guerra in Europa avrebbe “cambiato la bussola etica, capovolgendo la scala di valori creata nella lunga stagione di pace”. “All’improvviso – spiega Di Feo – le industrie che costruiscono cannoni, missili e soprattutto munizioni non sono più scomode, né reiette: la reputazione è stata smacchiata, con tanto di benedizione delle istituzioni europee e nazionali che concedono fondi per moltiplicare le catene di montaggio”.
Nel caso della Rwm Italia, la reputazione che verrebbe smacchiata riguarda la fornitura di quasi 20mila bombe aeree all’Arabia Saudita: esportazione autorizzata nel 2016, quando – ma questo il giornalista non lo dice – il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, aveva ripetutamente denunciato i bombardamenti indiscriminati dell’aeronautica militare saudita in Yemen. Esportazione che è stata prima sospesa e poi definitivamente revocata con voto parlamentare nel gennaio del 2021 grazie soprattutto alle reiterate pressioni della Rete italiana pace e disarmo.
L’esportazione di armamenti non riguarda solo la sfera legale, ma anche la “Responsabilità sociale d’impresa”. Da anni componente fondamentale delle attività delle aziende, essa non attiene all’ambito della produzione del profitto economico o all’osservanza giuridica delle norme e delle prescrizioni legislative bensì riguarda l’impatto sociale, umanitario e ambientale dell’operato di un’azienda e dei suoi prodotti.
Nei giorni scorsi, la Fabbrica d’Armi Pietro Beretta ha presentato il suo primo “Bilancio di sostenibilità” certificato dalla Global Reporting Initiative (GRI). Un rapporto molto dettagliato che, stando alla spiegazione, dovrebbe riportare “gli impatti, attuali e potenziali, significativi generati o verosimilmente generabili dalla stessa sull’economia, l’ambiente e le persone, compresi anche gli impatti sui diritti umani”. Ma nel rapporto non compare alcuna informazione sui Paesi destinatari delle armi militari, fornite a corpi polizia e apparati di sicurezza, né sul loro utilizzo e men che meno sul loro impatto umanitario e sui diritti umani. Tra questi Paesi, come ho documentato nel mio libro “Il Paese delle armi”, figurano diversi regimi autoritari e repressivi. Che la “responsabilità sociale d’impresa” sia il nuovo stratagemma per smacchiare le imprese?