Armamenti e clima, conti disumani
La sicurezza globale negli ultimi due anni ha visto un netto deterioramento rispetto ai decenni passati, in cui non erano certo mancati tensioni e conflitti. Ci sono più guerre, sono cresciute le spese militari e più numerose sono diventate le situazioni di insicurezza alimentare acuta.
Secondo i dati Sipri, Stockholm International Peace Research Institute, nel 2022 la spesa militare nel mondo ha raggiunto la cifra stellare di 2240 miliardi di dollari, nuovo massimo storico. Si tratta di una somma enorme, soprattutto se confrontata con altre grandezze di cui si sente spesso discutere, come la cifra da investire per azzerare in senso netto le emissioni globali di gas serra entro il 2050, che secondo stime prodotte da IMF, IEA, McKinsey, Wood Mackenzie e altre organizzazioni si aggira tra 2 e 3 mila miliardi di dollari all’anno. Ancora più impietoso il confronto con il costo annuo da sostenere per estirpare la fame nel mondo entro il 2030 e migliorare le condizioni igienico-sanitarie nei Paesi poveri, e quindi salvare centinaia di migliaia, milioni di vite umane, che l’agenzia FAO delle Nazioni Unite stima in appena un decimo di quanto si spenda per le forze armate.
I quasi 900 miliardi di dollari all’anno spesi dagli USA equivalgono a circa il 3.5% del PIL, mentre all’estremo opposto troviamo il Giappone, che a stento supera il punto percentuale. La Francia, la Germania e l’Italia si posizionano al di sotto del 2%, superato invece dal Regno Unito. Stime allarmanti sulla Russia per il 2023: la spesa militare sarebbe tra il 20 e il 25% della spesa pubblica complessiva. Putin destina invece meno del 7% del bilancio alla sanità e meno del 5% all’istruzione. L’Italia orienta verso le forze armate circa 29 miliardi di euro all’anno, cioè il 3.2% della propria spesa pubblica, un valore intermedio tra quelli francese (3.4%) e tedesco (2.7%).
Le soluzioni a problemi come la fine della fame nel mondo o la decarbonizzazione richiedono sforzi intensi, coordinati e di lungo termine, mentre le spese militari sono soprattutto frutto di scelte prese dai singoli governi. È però nell’interesse attuale e strategico di tutti i Paesi produrre sforzi di cooperazione multilaterale, in grado di garantire condizioni globali di pace e coordinamento e quindi anche di consentire il “dirottamento” di preziose risorse dagli impieghi militari verso obiettivi più razionali e più etici, come quelli della salute, del contrasto alle diseguaglianze e per la conservazione degli ecosistemi.