Appiattimento fiscale e morale
Secondo i dati censuari internazionali, la condizione dei poveri è significativamente peggiorata con la pandemia. Al contrario, all’1% più benestante della popolazione il covid-19 ha regalato un bonus miracoloso. La ricchezza del percentile più ricco è infatti cresciuta di circa 21 mila miliardi di dollari, il 63% della variazione complessiva; il 99% della popolazione mondiale si deve accontentare del restante 37%. L’aumento della povertà estrema, quindi, si è accompagnato a un corposo incremento della ricchezza estrema.
La risposta più razionale alla diseguaglianza è invertire la tendenza all’alleggerimento della tassazione su redditi elevati, patrimoni e eredità. La senatrice americana Elizabeth Warren ha recentemente proposto un’imposta speciale del 2% sui patrimoni superiori a 50 milioni di dollari e del 3% su quelli con più di 1 miliardo. Oxfam calcola che una tassa fino al 5% sui miliardari globali potrebbe raccogliere fino a mille e settecento miliardi di dollari all’anno, risorse sufficienti per sollevare due miliardi di persone dalla povertà. Sul piano etico, nessuna voce dissente apertamente, mentre godono di diffusa visibilità posizioni che paventano effetti disastrosi su quello economico: tassando più pesantemente i ricchi si indebolirebbero i loro incentivi sia alla creazione di ricchezza che alla spesa e li si esorterebbe a esportare i capitali e a evadere le imposte.
Peccato che l’evidenza empirica smentisca sistematicamente la validità di queste affermazioni. Tra gli ultimi, un rapporto della LSE ha studiato 50 anni di tagli alle imposte in 18 economie avanzate: i tagli non hanno condotto a miglioramenti significativi né di competitività, né di crescita economica, ma solo a maggiore diseguaglianza. Dissonante con la realtà, oltre che con il senso di giustizia, appare l’italico appiattimento delle aliquote fiscali, parzialmente attuato con la prima legge di bilancio del governo Meloni. Ricerche della Banca d’Italia e di altri centri studi hanno dimostrato come questi interventi favoriscano l’ulteriore concentrazione di redditi e ricchezze nelle fasce già benestanti, e stimolino varie pratiche di elusione ed erosione della base imponibile, sottraendo così risorse preziose per finanziare la spesa pubblica. Nel Paese, anzi, nella Nazione epicentro europeo dell’evasione fiscale, del debito pubblico e dell’opportunismo amorale non se ne sentiva granché il bisogno.