Ambiente: in ascolto dei giovani
Siamo tutti chiamati a modificare i nostri stili di vita, di consumo, di produzione, di partecipazione alla vita sociale; gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza
Ogni volta che qualcuno manifesta un proprio pensiero, un desiderio, una proposta o una protesta si è in qualche modo provocati a tenerne conto o quanto meno ad ascoltare. Bisogna poi necessariamente saper discernere e valutare, ma sarebbe sbagliato non ascoltare. Credo sia quello che dobbiamo fare con i giovani del movimento dei “Fridays For Future”. Ascoltare! Ascoltare perché per la prima volta degli adolescenti si organizzano per chiedere insieme politiche che contrastino i cambiamenti climatici in atto, che rispettino gli accordi di Parigi per contenere la temperatura del pianeta entro i 15 gradi, la decarbonizzazione delle fonti energetiche e la dichiarazione di emergenza climatica da parte dei governi e degli enti locali. Chiedere insieme! È già questo un segno del cambiamento che i giovani vorrebbero vedere e che tutti noi vorremmo vedere! Non mettere al centro se stessi e non fare del proprio benessere, sia esso personale, familiare o nazionale, il criterio ultimo di ogni scelta senza curarsi delle ricadute sugli altri. Ascoltare perché, forse anche al di là della consapevolezza dei suoi giovani protagonisti, la loro protesta ci sta offrendo la possibilità di riflettere sui nostri stili di vita e sta ribadendo al nostro mondo ciò che da sempre la Parola di Dio e il pensiero sociale della Chiesa ci invita a fare: prenderci cura della nostra casa comune. Ascoltare senza strumentalizzare, manipolare. Ascoltare come? Come ci insegna a fare la parola di Dio: mettendo in pratica! È il modo migliore per ascoltare e accogliere la sfida dei giovani. La loro provocazione al cambiamento è sì diretta ai politici e ai governi per ottenere nuove politiche che garantiscano un futuro sostenibile, ma non può certo bypassare la coscienza personale, quella di chi manifesta e quella di ciascuno: siamo tutti chiamati a fare la nostra parte. Siamo tutti chiamati a modificare i nostri stili di vita, di consumo, di produzione, di partecipazione alla vita sociale; gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche (LS, 14). Siamo invece chiamati ad avviare nuovi processi di cittadinanza attiva che ci aiutino a riscoprirci cittadini capaci di parlare al plurale, di dire “noi”, “nostro” e che ci aiutino a riaffermare che l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. (LS13)