Afghanistan: un anno dopo
Abbiamo passato il Ferragosto del 2021 vedendo le immagini dell’immane operazione umanitaria e militare scatenata dalla ripresa di Kabul da parte dei Talebani.
4.890 afghani arrivarono in Italia in pochi giorni. Si scatenò una gara di parole per dire che “l’accoglienza era un dovere”; ma era chiaro per tutti, soprattutto per gli “addetti ai lavori” nel campo dell’accoglienza, che era difficile esercitarla perché alcuni decreti rendevano impossibile l’applicazione di misure straordinarie per persone costrette a fuggire e poter esser accolte “per motivi umanitari”.
Ma poco importa. Era importante condannare il regime talebano e il fallimento di una lunga operazione militare in corso da decenni da nazioni diverse e da schieramenti diversi in quella terra martoriata.
L’accoglienza venne gestita in larga parte dal nostro Esercito, lasciando “a bocca asciutta”, in prima battuta, tutti quelli che volevano prodigarsi.
Con la ripresa del lavoro e della scuola, una nuova ondata di Covid fece spostare la nostra attenzione.
Poi a inizio 2022 il conflitto in Ucraina calamitò la nostra attenzione e ci scontrammo nuovamente con le difficoltà nella macchina dell'accoglienza che non prevedeva più la doverosa accoglienza per chi scappava da una guerra. L’impegno del mondo ecclesiale, del Terzo Settore, degli enti locali e della generosità di tanti ha reso possibile ciò che abbiamo fatto.
Ma in questo Ferragosto, un anno dopo la tragedia dell’Afghanistan, mi chiedo cosa ci rimane di quella esperienza.. Un anno fa commentando quella esperienza e il moto di accoglienza vissuto scrivevo così: “[…] Si tratta adesso di non vivere così solo per qualche giorno, ma di allargare questo stile a tutti i fratelli e le sorelle che per motivi diversi hanno bisogno di essere accolti”.
Sono passati 365 giorni e non so se ci siamo mai chiesti che fine abbiano fatto le 4.890 persone arrivate, dove sono e se hanno ancora bisogno di aiuto. Non so se sappiamo che all’11 agosto 2022 tra il mare e la terribile rotta balcanica sono arrivati altri 3.504 afghani (dati del Ministero dell’Interno).
Non essendo collaboratori dei nostri governi occidentali, hanno dovuto soffrire molto di più per riuscire a scappare, ma di questi non parleremo mai; non fanno notizia e non ci disturberanno a Ferragosto con immagini drammatiche. Abbiamo ben altro a cui pensare con le elezioni alle porte, sperando di ricordare l’importanza dell’accoglienza quando sceglieremo chi ci governerà. Come un anno fa voglio riscrivere le stesse parole: “In questo caldo tempo estivo voglio augurarmi che la vicenda dell’Afghanistan ci aiuti ad accorgerci maggiormente che il fenomeno della mobilità umana è dettato da storie di vita reali caratterizzate dalla sofferenza, dall’ingiustizia e dalla mancanza di libertà. Non ci si muove per comodità ma per poter vivere realmente; cosi come oggi, quasi tutti, anche coloro che non avevano progetti di accoglienza, dicono 'che è un dovere morale accogliere'. L'augurio è di non dimenticare questa scelta vera: l’accoglienza fa vivere chi la esercita e fa vivere chi la riceve”.
Speriamo, nell'agosto 2023, di imparare a interessarci di chi accogliamo e a far nascere scelte concrete dall’accoglienza , a non a nutrire solo la nostra emotività; speriamo che questo tempo ci insegni che la storia della mobilità umana va conosciuta e non usata a proprio piacimento.