25 aprile: Non tradire più l'uomo
La celebrazione del 25 aprile ci deve aiutare a capire meglio il presente e a progettare il futuro
“Il motto con cui abbiamo fatto la Resistenza era: 'Non tradire più l’uomo'. Resistenza era la scelta dell’umano contro il disumano, quale presupposto di ogni ideologia e di ogni etica personale. Se nel campo morale la Resistenza significò la rivendicazione della dignità umana uguale per tutti, e il rifiuto di tutte le tirannie, nel campo politico la Resistenza significò la volontà di creare una società retta sulla collaborazione volontaria degli uomini liberi”.
Queste parole, pronunciate da padre David Maria Turoldo il 31 maggio 1985, in occasione di un incontro con gli studenti dell’istituto Castelli di Brescia, esprimono bene il senso e l’attualità del 25 aprile. Non un rito retorico e stantio, ma l’occasione per riflettere sul nostro passato con lo sguardo però rivolto al presente e al futuro. Nel suo intervento al Castelli, padre Turoldo ricordava una riflessione di Piero Calamandrei in cui si dice che le nuove generazioni “imparano, forse, chi è Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi; non sanno chi fu quel giovanotto della Lunigiana che, crocifisso ad una porta perché non voleva rivelare i nomi dei propri compagni, rispose: li conoscerete il giorno della Liberazione”. Non sanno, possiamo continuare noi, chi furono i “ribelli per amore”, chi furono Astolfo Lunardi ed Ermanno Margheriti, padre Manziana e padre Bevilacqua, Mario Bettinzoli e Giacomo Perlasca, Luigi Ercoli e Gian Andrea Trebeschi, Teresio Olivelli e Romolo Ragnoli, Emiliano e Federico Rinaldini, don Carlo Comensoli, don Giacomo Vender e padre Luigi Rinaldini, Ferruccio Lorenzini e Tita Secchi…, tutte persone che hanno pagato con la vita, con il carcere o con la clandestinità il proprio amore per la libertà. Ecco allora che il 25 aprile innanzitutto ci deve far ricordare da dove veniamo e ci deve aiutare a rinnovare la memoria di quanti hanno lottato per la liberazione dal nazifascismo. Poiché, come osserva Liliana Segre, “la memoria è l’unico vaccino che abbiamo contro l’indifferenza”.
Ma la celebrazione del 25 aprile ci deve aiutare anche a capire meglio il presente e a progettare il futuro. Ha scritto don Primo Mazzolari: “I veri valori della Resistenza sono contenuti e difesi da questa formula evangelica: la verità non si difende con la menzogna, la giustizia con l’iniquità, la libertà con la sopraffazione, la pace con la guerra”. È come dire, per usare le parole di papa Francesco ripetute anche nei riti del periodo pasquale, che “non abbiamo bisogno di muri e di reticolati, ma di ponti”, che “non ci servono fucili e bombe ma pane e sanità”. Luisito Bianchi, autore de “La messa dell’uomo disarmato”, alla domanda “Quale fu la ragione della Resistenza?” ha così risposto: “Il pensare che era possibile un mondo che non fosse asservito ad un potere strumentalizzante l’uomo, un mondo in cui non ci fossero più guerre e ingiustizie, un mondo in cui ci fosse il riconoscimento di tutti, dove a un dovere corrispondesse un diritto e viceversa”. Ad ognuno di noi il compito di contribuire a realizzare tutto ciò.