Medici di famiglia: la situazione è preoccupante
Una recente ricerca della Fondazione Gimbe certifica lo stato di difficoltà in cui versa il primo e più importante livello del servizio sanitario nazionale
Secondo quanto riportato sul sito del Ministero della Salute ogni cittadino iscritto al Servizio Sanitario Nazionale ha diritto a un medico di medicina generale (medico di famiglia) attraverso il quale può accedere a tutti i servizi e prestazioni inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). Quello di famijglia non è un medico dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, ma lavora in convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale: il suo rapporto di lavoro è regolamentato dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), dagli Accordi Integrativi Regionali e dagli Accordi Attuativi Aziendali a livello delle singole Asl.
“L’allarme sulla carenza dei medici di medicina generale – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione Gimbe, realtà che studia da vicino il sistema sanitario italiano - oggi riguarda tutte le Regioni ed è frutto di un’inadeguata programmazione che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Così oggi spesso diventa un’impresa poter scegliere un medico di famiglia vicino a casa, con conseguenti disagi e rischi per la salute, in particolare di anziani e fragili”.
Al fine di comprendere meglio il fenomeno, la Fondazione Gimbe ha analizzato le dinamiche e le criticità insite nelle norme che regolano l’inserimento dei medici di medicina generale nel Servizio Sanitario Nazionale e stimato l’entità della carenza attuale e futura dei medici di famiglia nelle Regioni italiane.
Secondo quanto previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale, il numero massimo di assistiti di un medico di medicina generale è fissato a 1.500: in casi particolari può essere incrementato fino a 1.800, numero che talora viene ulteriormente superato attraverso deroghe locali (es. fino a 2.000 nella Provincia Autonoma di Bolzano), o per casi di indisponibilità di medici di famiglia oltre che per le scelte temporanee affidate al medico (es. extracomunitari senza permesso di soggiorno, non residenti). Parallelamente, esistono motivazioni che determinano un numero inferiore di assistiti: autolimitazione delle scelte, medici di famiglia con ulteriori incarichi (es. la continuità assistenziale) che ne limitano le scelte, altri che si trovano nel periodo iniziale di attività e/o che esercitano la professione in zone disagiate. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, riferiti all’anno 2022, documentano infatti che su 39.366 medici di medicina generale il 47,7% ha più di 1.500 assistiti; il 33% tra 1.001 e 1.500 assistiti; il 12,1% da 501 a 1.000; il 5,7% tra 51 e 500 e l’1,5% meno di 51. In particolare, il massimale di 1.500 assistiti viene superato da più di un medico su due in Emilia-Romagna (51,5%), Campania (58,4%), Provincia Autonoma di Trento (59,1%), Valle D’Aosta (59,2%), Veneto (64,7%). E addirittura da due medici di famiglia su tre nella Provincia Autonoma di Bolzano (66,3%) e in Lombardia (71%). “Questo sovraccarico di assistiti – commenta Cartabellotta – determina inevitabilmente una riduzione della disponibilità oraria e, soprattutto, della qualità dell’assistenza accendendo “spie rosse” su tre elementi fondamentali: la reale disponibilità di MMG in relazione alla densità abitativa, la distribuzione omogenea e capillare sul territorio e la possibilità per i cittadini di esercitare il diritto della libera scelta”.
“Desta non poche preoccupazioni – continua ancora il presidente della Fondazione Gimbe – la distribuzione anagrafica dei medici di medicina generale : infatti nel 2022 il 72,5% dei medici in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali che spesso non hanno favorito il ricambio generazionale”. In particolare nella maggior parte delle Regioni meridionali i medici in queste condizioni sono più di 3 su 4: Calabria (89,4%), Sicilia (81,7%), Campania (80,7%), Sardegna (79,7%), Molise (78,4%), Basilicata (78,3%), Puglia (78%).
Secondo i dati forniti dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale tra il 2023 e il 2026 sono 11.439 gli MMG che hanno compiuto/compiranno 70 anni, raggiungendo così l’età massima per la pensione, deroghe a parte: dai 21 della Valle D’Aosta ai 1.539 della Lombardia
Il numero di borse di studio ministeriali destinate al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, dopo un periodo di sostanziale stabilità (2014-2017) intorno a 1.000 borse annue, è aumentato raggiungendo un picco nel 2021 con 4.332. Tali incrementi, però, non sufficienti a colmare il ricambio generazionale entro il 2026. I dati ufficiali, infatti, documentano una progressiva diminuzione dei medici di medicina generale in attività: nel 2022 erano 37.860, ovvero 4.149 in meno rispetto al 2019 (-11%)
Al 1° gennaio dello scorso anno i 37.860 medici di famiglia avevano in carico oltre 51,2 milioni di assistiti. “Lo scenario reale – precisa Cartabellotta – è molto più critico di quanto lascino trasparire i numeri: infatti, con questo livello di saturazione dei medici di medicina generale si compromette il principio della libera scelta. Di conseguenza, è spesso impossibile trovare la disponibilità di un medico vicino a casa, non solo nelle cosiddette aree desertificate (zone a bassa densità abitativa, condizioni geografiche disagiate, rurali e periferiche) dove i bandi per gli ambiti territoriali carenti vanno spesso deserti, ma anche nelle grandi città metropolitane”. Secondo i dati ufficiali al 1° gennaio 2023 il sistema patirebbe una carenza di 3.114 medici, con situazioni più critiche nelle grandi Regioni del Nord: Lombardia (-1.237), Veneto (-609), Emilia Romagna (-418), Piemonte (-296), oltre che in Campania (-381). In Lombardia, dati alla mano, la situazione sarebbe destinata a diventare ancora più grave in vista anche dei 1.400 pensionamenti dei prossimi anni.