Iraq. Sako: "Vogliono gettare il Paese nel caos"
“Attaccando il premier Mustafa al-Kadhimi hanno voluto destabilizzare ulteriormente la situazione interna dopo le elezioni, quindi bloccare il nuovo Parlamento, la nomina delle più alte cariche dello Stato, dal Presidente della Repubblica a quella del premier”: così il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, torna sull’attentato, avvenuto nella notte fra il 6 e il 7 novembre, contro la casa del Primo Ministro al-Khadimi, rimasto illeso. L’esito del voto del 10 ottobre scorso è stato contestato in piazza dai movimenti sciiti filo-iraniani, come l’Alleanza della conquista, braccio politico delle milizie paramilitari Hashed al-Shaabi, che dalle urne sono usciti sconfitti. Manifestazioni anche violente, nei pressi della ‘Zona verde’ della capitale irachena, che hanno fatto registrare una vittima e diversi feriti. “Fa male – dichiara al Sir Mar Sako – vedere tante proteste violente. Siamo preoccupati per il vuoto politico che si sta creando”.
Papa Francesco. Il 9 novembre Papa Francesco ha fatto pervenire, tramite il suo Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, un telegramma al premier iracheno in cui esprime “vicinanza nella preghiera” e condanna di “questo vile atto di terrorismo”. “Sua Santità – si legge nel testo – ancora una volta esprime la sua fiducia che, con la benedizione di Dio, il popolo dell’Iraq sarà confermato in saggezza e forza nel cercare il percorso della pace attraverso il dialogo e la solidarietà fraterna”. Parole che, afferma il card. Sako, “infondono coraggio e forza, necessarie per portare avanti le urgenti riforme di cui il Paese ha bisogno. Lavoro intrapreso dal premier al-Kadhimi e che adesso vogliono bloccare con la violenza”. Ribadisce il patriarca caldeo: “Creare confusione e caos: questo è lo scopo. Chi ha commesso questo attacco non vuole un Iraq stabile e forte, ma un Paese nel caos per continuare a fare i propri interessi settari e di parte”. Gli interessi di attori regionali in Iraq sono tali e tanti che non impediscono al patriarca di ribadire un concetto espresso più volte in passato:
“Un Iraq forte e sicuro potrebbe favorire la stabilità della regione ma evidentemente c’è chi lavora in senso opposto”.
Visita a rischio. Il clima di tensione nel Paese potrebbe avere delle ripercussioni anche sulla visita – da più parti data per certa – del Grande Imam di al-Azhar, Sheikh Ahmad Al-Tayyeb, in Iraq e sul suo incontro con il Grande Ayatollah Ali al-Sistani. Vere e proprie ‘prove di dialogo’ tra le due “anime” dell’islam sunnita e sciita, nel contesto del Documento di Abu Dhabi, e sulla scia della visita in Iraq del Papa a marzo scorso. “Non credo che chi ha compiuto questo attentato al premier abbia mirato anche a questo incontro – afferma Mar Sako -. Su questa visita non c’è ancora nulla di ufficiale, almeno fino ad ora, né un programma, né una data. Si parlava di fine novembre ma io credo che con questa situazione sarà difficile che possa tenersi. Ritengo che questa visita potrà realizzarsi solo con una situazione interna stabile e sicura. Probabilmente dopo la formazione di un nuovo Governo” nel quale, è il timore del patriarca, “il ruolo della componente cristiana potrebbe essere nullo”.
I giovani iracheni. Maggiori speranze, invece, il patriarca caldeo le riserva per i giovani del Paese:
“Sono certo che il futuro sarà dell’Iraq, e il futuro dell’Iraq è rappresentato dai suoi giovani”.
Assume particolare significato il prossimo raduno della Gioventù caldea, in programma nella capitale irachena dal 18 al 20 novembre, sul tema “Voi siete una Chiesa viva”. “Aspettiamo almeno 400 giovani da Baghdad e da altre diocesi caldee irachene” spiega il patriarca che rivela: “ho invitato il Primo Ministro a tenere un discorso ma vediamo se sarà possibile, dopo l’attentato”. L’evento cade alla vigilia della Giornata mondiale della Gioventù che quest’anno per la prima volta si celebra nella domenica di Cristo Re, dopo lo spostamento dalla data tradizionale della Domenica delle Palme. “Sarà un tempo di meditazione, di fede di festa per alzare il morale dei giovani. Abbiamo bisogno di loro per il nuovo Iraq”.