Taiwan: la visita era opportuna?
Tensione alle stelle non solo in Europa a causa della guerra in Ucraina ma anche nel quadrante asiatico, dopo la visita di Nancy Pelosi a Taiwan
Tensione alle stelle a Taiwan e nello stretto di mare che la divide dalla Cina per la visita dei giorni scorsi della speaker della Camera dei Rappresentanti Usa, Nancy Pelosi. Una visita che ha scatenato l’ira di Pechino che ha risposto inviando i suoi jet nello Stretto e annunciando manovre militari sull’isola. La Cina accusa gli Stati Uniti di “azioni provocatorie” e per ripicca sospende le importazioni di una serie di prodotti da Taiwan. Anche la Russia protesta. “Washington sta destabilizzando il mondo”, scrive su Telegram la portavoce della diplomazia russa, Maria Zakharova, mentre il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha dichiarato che la visita di Nancy Pelosi “ha un carattere puramente provocatorio”. Ma a Tapei, mentre Russia e Cina protestano, in mare si preparano le esercitazioni militari e jet sorvolano i cieli, Stato Uniti e Taiwan si stringono le mani, saldando un’amicizia forte e di lunga durata. Nel suo incontro con la presidente Tsai Ing-wen, Nancy Pelosi riceve un’onorificenza per gli sforzi profusi nella collaborazione tra Washington e Taipei. Tsai ha detto di ritenere Pelosi “una autentica amica” di Taiwan, rimarcando che l’isola “è un partner affidabile degli Usa” e che “nessuna minaccia militare ci potrebbe far arretrare”. Da parte sua Pelosi conferma di essere venuta sull’isola per onorare “l’incrollabile impegno dell’America nel sostenere la vivace democrazia taiwanese” e assicurare che gli Stati Uniti “non abbandoneranno il proprio impegno nei confronti di Taiwan”. Ma in tardissima serata arriva la notizia che il ministero degli Esteri cinese ha convocato l’ambasciatore Usa a Pechino, Nicholas Burns, esprimendo “forte opposizione e ferma condanna”. A Francesco Sisci, grande conoscitore del mondo cinese, giornalista per anni corrispondente da Pechino, è stata chiesta una lettura della situazione.
Valeva la pena scatenare tutto questo putiferio?
Questa visita non è solo voluta solo da una parte dell’America ma è stata voluta anche da Taiwan, dal Giappone e da altri Paesi asiatici. Da chi in quell’area pensa che questo sia un momento opportuno per arginare la Cina spingendola, per così dire, un po’ più in là.
Di cosa hanno paura?
Hanno paura di una Cina aggressiva e di una Cina che aumenta la sua forza militare. Temono che prima o poi possa aggredire Taiwan. Per questo una parte dell’America, che si riconosce nella Pelosi, ha ritenuto necessario manifestare, con questa visita, ai taiwanesi e ai cinesi che gli Usa ci sono nella regione, che difenderanno Taiwan e lo status quo.
E la Cina?
La Cina si è messa in un vicolo cieco. Cosa fa a questo punto? Reagisce? E come reagisce? Se reagisce, diventa una tigre aggressiva e minacciosa. Se non lo fa, dimostra di essere una tigre di carta. Se è una tigre vera, deve essere messa in gabbia. Se è una tigre di carta, la si può ignorare. Tutte e due le opzioni non sono ideali per la Cina e, a questo punto, qualunque scelta faccia, è sbagliata.
La stessa cosa non vale anche per Washington visto che, qualsiasi mossa faccia in questo momento, rischia di destabilizzare la Regione?
Sì, ma ripeto, non sono solo gli Stati Uniti a muoversi, è l’intera Regione a chiederlo. Nel caso della Pelosi, c’è la Malesia che ha realizzato il volo. Taiwan che l’ha invitata. E il Giappone che guarda e acconsente. Tutti sono d’accordo nel dire che c’è una tensione nell’area e che sia arrivato il momento di arginare la Cina.
Ma era proprio questo il momento?
Non lo so. Secondo me, forse non era opportuno. Però ormai la mossa di Pelosi è stata fatta e tornare indietro ora non è possibile. La domanda ora è un’altra: ci sarà una saldatura ancora più stretta tra Cina e Russia su questo fronte? Forse sì, ma anche forse no perché una saldatura certamente conviene alla Russia che è con l’acqua alla gola a causa dell’Ucraina ma non potrebbe convenire alla Cina.
Quali scenari si possono aprire? Una guerra?
Credo che la Cina oggi abbia grandi difficoltà a fare una guerra. Per tre motivi: la Cina importa una grandissima quantità di proteine, 150 milioni di soia e carne. Il Paese produce grano e riso ma non le proteine e, senza le proteine, la dieta dei cinesi è in grave difficoltà e l’inflazione aumenta. Inoltre, una delle colonne portanti dell’economia cinese è il surplus commerciale e questo viene garantito da vendite all’estero, soprattutto in Europa, America e Giappone. Se questo canale si dovesse chiudere, la Cina subirebbe conseguenze serissime. Infine, i cinesi sono tanti ma i giovani sono pochi. Sono quasi tutti figli unici e mandare un figlio unico, maschio, a morire in guerra, significherebbe perdere una parte importante della popolazione. Questi tre elementi rendono difficile una guerra.
Cosa può favorire un allentamento della tensione?
Il problema è che si è creato un circolo vizioso o virtuoso (dipende dal punto di vista in cui si guarda) tra Paesi vicini alla Cina e Paesi vicini all’America. Tutte e due le parti hanno timore della Cina e il loro timore si riflette come due specchi messi uno di fronte all’altro che rimanda l’immagine all’infinito. È difficile spezzare questo riflesso perché è una cosa che si è accumulata in molti anni e coinvolge molti Paesi.
In questo scacchiere, quanto pesa l’incognita Corea del Nord?
È una variante impazzita. Nel senso che nessuno sa quando e se la Corea del Nord ad un certo punto decida di intervenire e fare gesti inconsulti.