Israele dichiara lo stato di guerra
Brescia in apprensione per la presenza in Terra Santa di un gruppo di pellegrini. Don Mattanza, parroco di Capriolo: ""Stiamo tutti bene è il pellegrinaggio procede abbastanza serenamente"
I timori del card. Pierbattista Pizzaballa si stanno trasformando in tragica realtà. A Bergamo per festeggiare la sua nomina a cardinale, nelle scorse ore aveva dichiarato di temere che la campagna militare da ambo i lati, molto preoccupante per le forme, per le dinamiche e per l’ampiezza. Siamo in una emergenza molto grave e temo che si arriverà alla guerra”. Lo stato d’Israele, infatti, ha dichiarato lo stato di guerra e si prepara ad un conflitto di lunga durata, compresa la probabile operazione di terra a Gaza, al cui confine si sta ingrossando lo schieramento di tank.
Sono queste "le significative azioni militari" votate dal Consiglio di sicurezza del governo Netanyahu che il premier aveva preannunciato a poche ore dall'attacco nemico evocando "una campagna di un'irruenza e un'ampiezza mai vista finora". A testimoniare la violenza dello scontro in atto parlano le cifre: in Israele le vittime dei raid di Hamas, comprese quelle del terribile massacro del rave party israeliano alla frontiera, sono arrivate ad oltre 700. Dei circa 2.500 feriti, molti sono gravi. E all'appello mancano ancora in centinaia. Tel Aviv e Gerusalemme appaiano città fantasma, con la popolazione barricata in casa dopo la pioggia di razzi di sabato. Il Paese sta chiudendo: le compagnie aeree una dopo l'altra stanno cancellando i voli da e per l'aeroporto Ben Gurion. Molti turisti, non solo italiani, sono rimasti bloccati. Sull'altro versante, quello di Gaza, i morti sotto gli attacchi furiosi dell'aviazione israeliana sono arrivati ad oltre 400 tra civili e miliziani, con 2.300 feriti. Prima di qualsiasi azione di terra, l'esercito israeliano deve liquidare le sacche di resistenza al confine con la Striscia, dove sono ancora in corso scontri tra miliziani di Hamas e soldati. Per stessa ammissione del portavoce militare Danel Hagari, a 48 ore dall'attacco "le forze di Hamas rimangono in territorio israeliano".
"Più di 500 obiettivi" di Hamas sono stati colpiti nella notte tra da attacchi aerei e colpi di artiglieria nella Striscia di Gaza. Lo ha annunciato l'esercito israeliano. "Durante la notte, aerei da combattimento, elicotteri, aerei e artiglieria hanno colpito più di 500 obiettivi dei terroristi di Hamas e della Jihad islamica", ha affermato l'esercito in un comunicato. Tra le località in cui si combatte ancora c'è per esempio la cittadina di Sderot, dove gli scontri si sono riaccesi nei pressi della stazione di polizia presa dai terroristi e poi liberata dai soldati. Un altro punto caldo è il kibbutz di Melfasim. Israele ha riferito di aver ripreso il controllo su 22 delle comunità attaccate dagli uomini di Hamas, Jihad islamica e Brigate dei Martiri di al Aqsa. I miliziani delle tre organizzazioni - a cui si sono uniti cani sciolti di Gaza dopo lo sfondamento della barriera di protezione che separa la Striscia da Israele - sono penetrati da 29 punti attraverso uno dei confini più controllati del mondo. In Israele questo è l'imbarazzo maggiore per i responsabili di intelligence, forze armate e per lo stesso governo. L'altro aspetto che può ritardare l'eventuale ingresso di truppe e tank a Gaza è la presenza di oltre 100 ostaggi israeliani (tra civili e soldati, vivi e morti, uomini, donne e bambini, anche con doppia cittadinanza) nei tunnel e nelle case delle tre fazioni armate palestinesi. La loro sorte è un punto interrogativo per Israele, specie di fronte delle dure proteste dei parenti degli ostaggi, che denunciano di essere stati "abbandonati" dalle autorità. I social sono inondati di richieste di informazioni e di aiuto.
Da Betlemme, dove era in attesa di entrare nella Strisciaa parlare è il parroco latino della parrocchia della Sacra Famiglia, l’unica cattolica di Gaza, padre Gabriel Romanelli: “il valico di Erez è chiuso. Le notizie che arrivano da Gaza sono molto brutte – dice al Sir – fortunatamente i nostri parrocchiani stanno bene anche se la paura si sta diffondendo. Alcuni di loro hanno chiesto rifugio alla parrocchia dove già da qualche mese abbiamo approntato una sorta di rifugio, con cibo, acqua, materassi, dove poter avere riparo durante le emergenze dovute alle continue campagne militari. Preghiamo perché i combattimenti cessino ma temo che le cose possano volgere al peggio”. Padre Romanelli ha riferito che anche “a Betlemme la tensione è alta. Alcuni religiosi che da Betlemme si sono recati a Gerusalemme hanno trovato i check point chiusi”.
Da Brescia, intanto, si segue con preoccupazione quanto sta avvenendo in Israele anche per la presenza di un gruppo di pellegrini di Capriolo che avrebbe dovuto concludere l’11 ottobre l’esperienza in Terra Santa e Giordania. Guidati dal parroco don Giuseppe Mattanza, starebbero bene e sarebbero in attesa del rientro in Italia. Altre due coppie di pellegrini di Capriano del Colle sono invece a Gerusalemme da cui hanno fatto sapere di essere in attesa di un trasferimento in Giordania perché il loro volo di rientro è stato annullato. Raggiunto telefonicamente don Mattanza ha comunque avuto parole rassicuranti: "Stiamo tutti bene è il pellegrinaggio procede abbastanza serenamente. Siamo prudenti e comunque non ci sono disordini immediatamente visibili". Il gruppo di Capriolo in queste ore si sta spostando da Betlemme e Gerusalemme. "Il clima del pellegrinaggio - continua il parroco di Capriolo - è sereno anche se siamo preoccupati per le notizie sulla guerra che arrivano in Italia e lasciano in apprensione i nostri parenti e le nostre comunità".